Viaggio del Papa in Congo: “un miracolo, le sue denunce sono una rivoluzione copernicana”

Due missionari che da anni testimoniano i massacri di Beni e Goma parlano delle speranze del viaggio apostolico.

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«Aspettiamo da sei anni questa visita e ci auguriamo che la presenza del Papa a Goma possa smuovere le cose e accendere un riflettore sull’est del Congo. Io spero di incontrare personalmente il Santo Padre».

A parlare al telefono da Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, ex Leopoldiville, è padre Gaspare Trasparano, missionario comboniano ed attuale direttore delle Pontificie Opere Missionarie del Paese.

«La speranza è che si arrivi all’apertura di un processo contro i massacri presso la Corte Penale Internazionale».

«Nessuno si preoccupa della quotidianità dei massacri eccetto lui. La sicurezza peggiora nelle province orientali sotto assedio, soprattutto a Beni e i civili rischiano la vita per via dei ribelli».

L’ultimo attacco risale ad una settimana fa, con 20 civili uccisi dall’Adf a Beni.

Il comboniano commenta con noi la notizia del viaggio del Santo Padre in Africa dal 2 al 5 luglio prossimo, in Congo e Sud Sudan, due dei Paesi più irrisolti del Continente.

Papa Francesco sarà sia a Goma che a Kinshasa.

Il missionario conferma, dopo avere parlato con il nunzio apostolico in Congo, che il Papa farà almeno due tappe congolesi.

«Non abbiamo ancora il calendario definitivo ma sappiamo che andrà a Goma dove incontrerà una delegazione delle vittime dei massacri di Beni».

«Cosa direi al Santo Padre? Quello che avrei voluto dirgli nel 2017 quando gli fu impossibile venire qui perchè erano in programma le elezioni.

Voglio chiedergli di non stancarsi mai di denunciare e di essere una voce profetica, solo lui ha questa costanza; lo stato d’assedio ha aggravato tutto, e non parlo solo di Beni ma anche della provincia dell’Ituri», dice padre Gaspare.

Padre Gaspare Trasparano è uno dei più attenti ed instancabili accusatori del ‘carnage’ nel nord Kivu:

«I massacri di civili innocenti avvengono davanti alle basi dell’Onu, da parte della Monusco c’è un silenzio colpevole», dice.

«I Caschi Blu si difendono dicendo che hanno la documentazione, che con i droni hanno ripreso gli autori dei massacri e che ci saranno dei processi, ma questo non avviene mai – aggiunge padre Gaspare – Noi preghiamo affinchè la presenza del Papa spinga per l’apertura di un processo alla Corte Penale Internazionale».

«La speranza è che il suo viaggio apostolico apra un nuovo capitolo nella storia africana».

«Io che adesso vivo a Kinshasa, dopo essere stato per anni a Butembo-Beni , vedo che persino i nostri governanti considerano il Kivu un Paese a parte: è come se ci fossero due Congo. Quello dell’est è conteso da gruppi ribelli ed esercito, e le milizie armate sono quasi duecento».

Un altro missionario storico del Congo, per 17 anni a Goma oggi in Italia, padre Francesco Zampese, saveriano, raggiunto da noi al telefono dice che «la visita del Papa è un miracolo».

E che «mai come oggi è necessario che fede e politica si intreccino: abbiamo bisogno di politici santi. Nel sinodo africano di tanti anni fa questa necessità venne ribadita e io spero che con il Papa in Congo si possa realizzare una Rivoluzione Copernicana dello sguardo sull’Africa, il Papa guarda il continente con un’apertura e un’attenzione paritaria».

Padre Zampese ha vissuto esattamente a Goma, città da anni al centro di una ‘cannibalizzazione’ delle terre, al confine con  il Ruanda.

«Ricordo bene nel 2001 quando tornai in Congo da Roma, allora avevo partecipato alle proteste contro il genocidio in Ruanda e mi fu difficile passare il confine per entrare a Goma; ma so bene che per portare una vera missione della Chiesa in Africa non si può prescindere dalla giustizia sociale e dalla denuncia. E’ impossibile scindere evangelizzazione e giustizia». 

Le vittime in Congo sono i tanti civili che ancora oggi vengono massacrati in strada dai gruppi ‘ribelli’ e dai soldati dell’Adf mentre «ritornano dai campi o percorrono decine di chilometri a piedi per raggiungere i villaggi; ci sono infiltrazioni di militari dall’Uganda e dal Ruanda anche nell’esercito governativo».

Sia padre Francesco che padre Gaspare avvertono che «vivere a Beni è vivere nella paura di continui attacchi: in quelle province c’è una ricchezza che è una condanna: ci sono nichel, cobalto, oro e petrolio».