Verso la GMM 1/: Lavori in corso a Bangui, padre Trinchero racconta

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«Abbiamo finalmente posato la prima pietra del nuovo convento al Carmel di Bangui, al termine di una celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinal Dieudonné Nzapalainga. Un momento atteso da anni, un giorno storico per la nostra missione in Centrafricana».

Sulle sponde del fiume Oubangui, in un angolo sperduto del cuore dell’Africa, i missionari carmelitani costruiscono un convento che sarà anche un punto di riferimento per l’intera comunità cristiana di Bangui.

Ne parla padre Federico Trinchero, missionario carmelitano storico in Centrafrica.

Lo scorso anno avevamo raccontato di lui in questo articolo, clicca qui per leggere. 

«Normalmente, e soprattutto in altre latitudini, i conventi si trovano già costruiti, spesso da secoli. E sovente si è purtroppo costretti a chiuderli perché mancano i frati per abitarli. Da queste parti, invece, i conventi sono da costruire e, per fortuna, non mancano i frati per abitarli», dice padre Federico.

«Il grande terreno dove ora ci troviamo, alla periferia di Bangui, venne acquistato nel 1998 in vista della fondazione di un monastero di carmelitane scalze.

Purtroppo le nostre consorelle non sono ancora riuscite a raggiungerci. Pur restando sempre in attesa del loro arrivo, abbiamo deciso nel 2006 di aprire noi stessi una nostra casa, adattando alcune costruzioni precedenti. Nel frattempo la città di Bangui è cresciuta fino a raggiungerci. E anche la nostra famiglia si è ingrandita».

La storia dei carmelitani di Bangui si intreccia con quella di migliaia di persone che in Centrafrica hanno subito (e continuano a farlo) un’atroce guerra civile. E che proprio dai carmelitani hanno trovato rifugio e salvezza nel periodo peggiore di questo conflitto.

«Dal 2013 al 2017 inoltre, durante la guerra che ha colpito il Centrafrica in seguito ad un colpo di stato – spiega il missionario – migliaia di profughi, in fuga dai quartieri più colpiti dai combattimenti, hanno potuto salvarsi la vita trovando rifugio al Carmel».

Per la comunità quello sarà uno dei momenti più forti e duri,  che, dice oggi padre Trinchero, «ha permesso di condividere la sofferenza di un paese che da anni sta faticosamente cercando la via della pace e dello sviluppo».

Nel corso degli anni le domande di ospitalità sono aumentate e sempre più persone partecipano alla celebrazione della messa domenicale. Nel 2013 la comunità ha accolto lo studentato, cioè quella tappa della formazione dei seminaristi locali che segue il noviziato. Poi, nel 2020, è stata aperta una scuola agricola approfittando del grande terreno a disposizione.

Tutti questi avvenimenti «ci hanno quindi costretto a ripensare la nostra presenza e a creare le strutture adeguate per rispondere alle esigenze della formazione dei seminaristi, alla domanda di ospitalità e, soprattutto, alla necessità di offrire ai nostri fedeli un luogo degno per pregare».

Attualmente il cantiere è in piena attività per la costruzione del primo lotto, cioè il convento: «le mie paure – dice il missionario – scompaiono quando penso ai miei confratelli centrafricani per i quali stiamo costruendo questa nuova casa e che saranno chiamati a continuare l’opera dei primi missionari italiani arrivati qui cinquant’anni fa. Poi penso ai nostri fedeli e a tutte le persone che in questo luogo potranno incontrare il Signore».