Padre Gianfranco Graziola, missionario della Consolata è in Brasile da oltre 20 anni, quattro dei quali trascorsi in Amazzonia ed è coordinatore della Pastorale Carceraria Nazionale di San Paolo.
Il ‘suo’ Brasile è oggi un Paese dilaniato dalla povertà, dal Covid che ha galoppato e continua ad uccidere, da una politica presidenziale che alimenta il conflitto.
“Un gran numero di persone vive in strada adesso- dice padre Graziola, che ha sempre denunciato le disparità economiche del Brasile – Si, si sono trasferiti per strada perché non possono più pagare l’affitto e l’unica soluzione per le famiglie è portare i propri cari per strada. Qui il prezzo della benzina è alle stelle, e quando va alle stelle la benzina, tutto sale”.
Padre Graziola, che contesta dall’interno la svolta sempre più capitalista (a favore delle diseguaglianze sociali) del Brasile di Bolsonaro, si occupa come missionario della parte più misera ed emarginata della società: i carcerati.
Il Brasile è il quarto Paese del mondo con la più alta popolazione carceraria, che negli ultimi 25 anni è aumentata del 380%. Sul sistema carcerario grava il rischio di ulteriore privatizzazione, che prevede penitenziari efficienti dal punto di vista amministrativo, dati in gestione dallo Stato ai privati, con risvolti non sempre favorevoli alla cura della persona.
“Le carceri sono sovraffollate e la condizione delle persone è drammatica, si finisce in carcere per anni per aver commesso reati comuni, se ne esce peggiori”, dice. Ma in carcere si muore anche, per stenti e violenze.
Il suo Brasile è un Brasile che resiste (a stento) e che soffre, dove la missione ha sempre più un valore di riscatto e di speranza.
Il quadro economico, politico, sanitario è da anni talmente degradato e polarizzato, da essere ai limiti della guerra civile: si parla ciclicamente anche di golpe in Brasile, ma per il momento si va avanti su un doppio binario, con una povertà che galoppa.