«Perchè ho scelto la missione?
Perchè mi prospettava un’apertura al mondo a 360 gradi, dove poter incontrare persone e abitanti di ogni luogo, di ogni colore e di ogni religione…
La prima cosa che mi ha ‘chiamata’ è stata la bellezza del carisma francescano, che come ci insegna san Francesco possiede il dono del dialogo con tutti, grandi e piccoli, poveri e ricchi, potenti e non».
E’ forte e carica di senso l’affermazione di suor Loretta Baldelli, missionaria Francescana a Tangeri, in Marocco.
Suor Loretta ci racconta: «mi ha chiamata la sua semplicità vissuta nell’autenticità evangelica, che dona amore incondizionatamente, attraverso la povertà e l’umiltà».
La missionaria è superiora provinciale e gestisce l’ospedale italiano fondato nel lontano 1929 dalle Francescane Missionarie d’Egitto su iniziativa dell’egittologo Ernesto Schiaparelli.
Col suo efficiente reparto maternità e 40 posti letto è un presidio per le donne e i loro bambini, nel Marocco dove la sanità pubblica non sempre funziona e non dappertutto esiste.
«Sono grata al Signore – prosegue lei – perché tante volte mi ha perdonata facendomi sentire amata, mi ha risollevato nei momenti bui e difficili, mi ha fatto sentire la sua presenza quando la solitudine in diverse occasioni era più forte».
La missionaria dice: «sono grata anche all’istituto al quale appartengo per la fiducia riposta in me e per le opportunità di servizio e di comunione tra le sorelle».
Loretta Baldelli racconta che «in questi anni grazie ad aiuti generosi la struttura è stata rinnovata, con due nuove camere operatorie, una nuova sezione per le partorienti e delle apparecchiature di radiologia, ecografia e chirurgia».
Mentre, tra ciò che vorrebbe cambiare nel modo di essere di una certa Chiesa «c’è una mentalità ancora troppo maschilista e clericale, dove il potere appartiene solo ai preti e ai vescovi.
Cambierei il ruolo dei laici e delle religiose, perché siano nella Chiesa protagonisti e non servi e serve di chi detiene il potere».
E infine, ricorda:
«Gesù è l’unico Maestro e Signore, e il servizio come diaconia dovrebbe essere al centro della vita ecclesiale, per ognuno/a riprende il suo spazio in una sinodalità piena e vera».