Parla il vescovo carmelitano, nominato da meno di un anno, in Repubblica Centrafricana da 33 anni

Verso la Giornata Missionaria Mondiale/Padre Gazzera e la chiamata in Centrafrica

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«Non so se ho scelto io la missione o la missione ha scelto me: sta di fatto che fin da piccolo, alle elementari e alle medie, il sogno di essere un missionario mi ha sempre attratto».

A parlare è un carmelitano speciale, originario della diocesi di Cuneo-Fossano, scelto a febbraio scorso da Papa Francesco come vescovo coadiutore di Bangassou, in Repubblica Centrafricana.

«In me il desiderio è cresciuto pian piano – ci racconta al telefono, rientrato in Italia in occasione dell’Ottobre missionario – Subito dopo il liceo ho fatto una prima esperienza in missione e lì la vocazione si è consolidata».

Padre Aurelio dice: «qualcosa della missione mi attraeva: lì la mia vita aveva più senso e oggi posso affermare che la missione è una delle cose più belle che ho, ed è senza dubbio una delle cose più belle della Chiesa!».

Chiaramente vivere ed operare in Centrafrica non è facile per molte ragioni: a dieci anni dall’inizio della guerra civile scatenata tra Seleka ed Anti-Balaka, la conflittualità interna resta ancora elevatissima.

E le milizie e sotto-milizie (una sorta di gang armate) non si sono mai sciolte.

Nel 2019 è stato siglato un accordo di pace tra il governo e i 14 gruppi armati ma molti di essi si rifiutano di arrendersi.

L’arrivo dei mercenari russi ha complicato le cose: i soldati prezzolati non vanno molto per il sottile e le regole d’ingaggio sono irrispettose dei diritti umani.

Per padre Aurelio la molla che ha fatto scattare in lui il desiderio di partire (e di restare, sono 33 anni di vita africana), è «l’accorgersi dei bisogni delle altre persone, la chiamata del Signore si è affermata e ingrandita col tempo».

Spiega di essere «grato di questa chiamata: mai avrei potuto sognare una vita più bella e il nuovo incarico mi consacra al servizio della Chiesa in Africa».