Intervista al direttore del Cmd di Verona in vista dell'evento con il Papa il 18 maggio

Verona 2024, don Mirandola: “su immigrazione cambiamenti urgenti”

Facebooktwitterlinkedinmail

Ultimi preparativi a Verona in attesa dell’arrivo di papa Francesco, sabato 18 maggio per l’Arena di Pace 2024 “Giustizia e Pace si baceranno”.

L’evento è pensato non solo come momento assembleare dei movimenti popolari italiani, ma anche come occasione di incontro culturale in cui esaminare e condividere tutto ciò che crea le basi della pace.

Eventi diffusi in città, piazze piene, colori, canti, slogan, giovani e bambini, autorità cittadine e religiose, con il vescovo monsignor Domenico Pompili in prima fila, a partire dalla basilica di San Zeno dove 7.000 persone accoglieranno il papa.

Dopo l’incontro in Arena, sarà la volta della visita alla Casa circondariale di Montorio e infine la messa alle 15 allo Stadio Bentegodi.

Una macchina organizzativa che da mesi ha mobilitato tutta la città e le 60 associazioni con caratteristiche diverse a carattere locale o nazionale partecipanti ai cinque tavoli di lavoro: migrazioni, ecologia, lavoro e economia, disarmo, diritti e democrazia.

Un grande lavoro di rete dall’anima missionaria, come sottolinea don Giuseppe Mirandola, direttore del Centro Missionario Diocesano:

«Guardando a tutte le iniziative messe in campo, è chiaro il desiderio di accogliere il papa sul tema della giustizia generatrice di pace.

Non solo pensando alle situazioni di guerra, alla non violenza e al disarmo, ma toccando tutte le situazioni che ne rendono possibile l’esistenza, che sono alla base di costruzioni della pace.

Per questo sono state riprese le tematiche che hanno caratterizzato le Arene degli anni Ottanta, sulla falsariga delle intuizioni dei missionari e delle missionarie che ne sono stati promotori nel passato. E che oggi si rivelano profeti».

L’appuntamento di Verona è un evento di movimenti espressione della società civile, anche se qualcuno usa l’espressione di movimenti popolari che in realtà sono, continua don Mirandola «una realtà latinoamericana, mentre da noi si tratta piuttosto di associazioni.

La nostra struttura giuridica fa si che un gruppo spontaneo diventi una cooperativa, poi un’associazione per poter operare.

La cosa importante è che si sia riusciti a mettere insieme tutte le associazioni espressioni della società civile».

Un lavoro capillare di contatti e dialoghi per fare rete e «ora dopo i lavori di incontri e preparazione dei documenti dei tavoli, c’è attesa di capire cosa verrà dopo.

E’ importante che non finisca tutto, vogliamo continuare e vedere cosa potrà accadere dopo».

Per quanto riguarda il tavolo dell’immigrazione a cui don Mirandola partecipa «abbiamo cercato di mettere a fuoco con un linguaggio assertivo i punti critici attuali, quelli che chiedono cambiamenti urgenti: dal ruolo che dovrebbero avere le Nazioni unite a quello dell’Europa, dalla non criminalizzazione delle Ong che fanno salvataggi in mare al cambio delle politiche nazionali nei confronti dell’immigrazione per permettere ingressi regolari a chi cerca lavoro.

C’è poi il tema della cittadinanza, cambiare cioè la legge in riferimento alle seconde generazioni, l’attenzione al pluralismo religioso, una serie di punti che partono da un orizzonte più vasto che poi va a toccare le cose di casa nostra, soprattutto nei confronti del tema dell’immigrazione che vogliamo considerare a 360 gradi.

Oltre le emergenze della prima accoglienza, del salvataggio in mare, si deve guardare a creare cammini di integrazione e condizioni di pari opportunità su lavoro, scuola, salute, casa, si va a discriminare invece di creare percorsi di integrazione si vanno ad accrescere le diseguaglianze».