A tre anni dall’inizio dell’invasione russa, l’Ucraina è ostaggio di precari equilibri internazionali, con un altissimo prezzo di vite umane e distruzione dei territori.
Il 24 febbraio 2022 i carri armati russi sfondavano in territorio ucraino, avanzando laddove già erano entrati nel 2014, ovvero nei territori del Donbass.
Da lì la guerra si è propagata anche in altre parti dell’Ucraina, consolidando le posizioni russe in Crimea, nel frattempo annessa alla Federazione Russa, fino ad arrivare a Odessa e nella capitale Kiev.
Nessuno conosce i numeri dei morti, ma certamente si parla di centinaia di migliaia di vittime da entrambe le parti.
Si conoscono il numero di ucraini sfollati: sette milioni di sfollati interni, nelle zone ad Ovest non colpite dalla guerra, e quattro milioni in Europa.
Una tragedia immane.
Dell’assurdità di questa guerra Luca Passarini, giornalista, ne ha parlato il mese scorso a Cum, con Marina Sorina, associazione Malve di Ucraìna, Stefano Verzè, esperto di geopolitica, Renzo Beghini, presidente Fondazione G. Toniolo.
Padre Marco Semehen, rettore della basilica di Santa Sofia- Roma che in questi anni ha inviato più di 100 camion di aiuti in Ucraina, segno di una solidarietà dell’Italia mai venuta meno nei confronti di questo Paese.
Tutti concordi nel condannare l’aggressione russa, ingiustificata e fuori dalla storia, ma anche nel condannare l’inesistenza politica dell’Europa che non ha messo in atto le giuste azioni di negoziazione a partire dall’occupazione del Donbass o dall’occupazione di suolo della Georgia (il 20% del territorio georgiano è occupato da forze militari russe).
Di fronte a situazioni come quella ucraina, quali sono i presupposti di pace?
L’esarca di Odessa Michaele Bybniy, nell’incontro, ha usato parole chiare:
«L’Ucraina ha sempre cercato di liberarsi da quel giogo russo.
E quando nel 1991, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, fu proclamata l’indipendenza dell’Ucraina, naturalmente tutti i cittadini patriottici e consapevoli dell’Ucraina videro la loro unica possibilità di diventare membri dell’Unione Europea.
Ma la Russia non riesce ad accettarlo.
Vuole sempre avere il dominio, vuole imporci le sue regole, vuole imporre la sua cultura, propagandare il suo “mondo russo”.
Questa dottrina è stata recentemente proclamata, tra l’altro, da Kirill, il patriarca di Mosca.
Kirill ha ufficialmente proclamato la dottrina del “mondo russo”, che include una guerra santa. Cioè, questa guerra che la Russia ha iniziato in Ucraina, la chiamano guerra santa, ma è semplicemente assurda».
Per padre Semehen e Marina Sorina la catastrofe di questa guerra si vedrà nei prossimi anni.
«C’è una generazione di ucraini sotto terra», hanno affermato, ovvero una generazione di giovani ucraini morti nei combattimenti e altri che porteranno per sempre i segni di questo conflitto nelle amputazioni e nelle ferite che hanno subito.
Ma quale sarà il futuro di questa guerra?
Ritornare a una situazione prima del 2014, ovvero pensare che la Russia lasci liberi tutti i territori occupati è uno scenario forse improbabile, afferma Stefano Verzé.
Se questo è improbabile, ogni altra condizione per far finire la guerra è pericolosa perché genera precedenti.
La possibilità, attraverso una guerra, pressioni o altro, di ritoccare confini e zone di influenza muove lo scacchiere che ha garantito la pace in Europa dalla Seconda guerra mondiale.
Polonia, Repubbliche Baltiche, Transistria della Moldavia sono in allerta.
Ma anche Romania e Georgia vivono smottamenti politici complicati, tra transizioni politiche verso l’Europa e spinte verso Mosca.
Il vento della destra crescente, le politiche fortemente nazionaliste e identitarie di alcuni Paesi in Europa non favoriscono il superamento di queste tensioni, soprattutto non permettono all’Europa di giocare una politica determinata nei paesi dell’Est.
Rimane, conclude Marina Sorina «la sofferenza del popolo ucraino bombardato.
Anche i miei famigliari sono sotto le bombe, senza energia per scaldarsi nel freddo inverno ucraino.
E ogni giorno il pensiero va a loro, e ogni giorno una telefonata al mattino e alla sera per vedere come hanno passato la giornata. La gente continua a chiedersi: perché tutta questa violenza?»
La stessa domanda se la pone la gente a Gaza, in Siria, in Sudan, e in chissà quante altre parti del mondo.