Etiopia, Unione Africana per un cessate il fuoco, governo Tigray chiede pace

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Il governo separatista del Tigray apre alla via del negoziato con quello ufficiale etiope: in un comunicato diffuso ieri, l’Ufficio relazioni esterne della regione al centro di una guerra civile ancora in corso, chiede la fine delle ostilità.

E accoglie con favore la richiesta dell’Unione Africana di mettere un punto alla guerra.

I rappresentanti del Tigray parlano di conflitto «al quale sono stati costretti a prendere parte per salvarsi dallo sterminio».

La versione dei separatisti resta, dunque, quella della legittima difesa.

Le accuse nei confronti dell’esercito guidato da Aby Ahmed sono molto precise:

«la brutalizzazione dei civili non è solo una violazione del diritto internazionale ma un affronto all’umanità».

Dopo circa tre anni di conflitto oscuro tra il governo centrale etiope di Aby Ahmed e le formazioni ribelli del Tigray, arrivano i primi segnali positivi da entrambi i fronti.

Si apre il negoziato per la pace, che si terrà quasi certamente in Sudafrica.

Sul campo restano però ancora migliaia di morti, sfollati e tanta miseria.

«La guerra tra il governo federale e i guerriglieri del Tplf nella Regione del Tigray, ignorata dal resto del mondo, è vergognosa perchè chi soffre e chi muore non è chi la combatte, ma la povera gente», ci scrive da Addis Abeba il salesiano don Angelo Regazzo.

«Le persone vengono bombardate indiscriminatamente e muoiono di stenti e di fame: fino a tre mesi fa il governo aveva permesso alla Chiesa cattolica e all’ambasciata italiana di organizzare convogli umanitari, centinaia di camion pieni di cibo e di medicine arrivavano nel Tigray».

Servivano a soccorrere milioni di persone tagliate fuori dal mondo per quasi tre anni, senza elettricità, senza assistenza medica, senza provviste.

Tra loro ci sono anche i 25 salesiani delle quattro comunità del Tigray.

«Il nostro superiore – dice ancora il missionario – Abba Hailemariam Medhin, ha ottenuto il permesso di recarsi nel Tigray con un volo delle Nazioni unite a visitare i confratelli e a portare loro quei pochi soldi liquidi che il governo gli aveva permesso di portare».

Oltre la guerra resta il grosso problema della carestia e siccità. «La stagione delle piogge è ormai finita – racconta don Angelo – Ad Addis quest’ anno è piovuto molto ma nel resto d’Etiopia le piogge sono state scarse e in molte regioni, specialmente nel Bassopiano, verso la Somalia, c’è stata grande siccità. Si aggiunga poi il blocco del grano dall’Ucraina e si prevede che ci sarà carestia e fame in tutto il Corno d’Africa».

I salesiani vivono come possono ma anche la loro quotidianità è messa seriamente a rischio:

«sto facendo provviste di farina, riso, pasta, olio, zucchero e carburante per i nostri monelli buoni, i ragazzi del Bosco Children – dice ancora il salesiano –

L’orto e la piccola fattoria (sei mucche, una decina di pecore, 300 galline e 50 conigli) ci sono di grande aiuto.

I due sistemi di biogas e il fotovoltaico ci permettono di risparmiare parecchi soldini che poi usiamo nell’educazione e nella formazione tecnica dei nostri ragazzi».

(Foto, EDUARDO SOTERA / AFp)