Due Paesi dilaniati da un terremoto di magnitudo 7.9 «che ha prodotto una quantità di energia circa mille volte superiore a quella prodotta dal terremoto di Amatrice».
Si fa fatica a comprendere fino in fondo con la ragione, le parole degli esperti che tuttavia risultano inequivocabili, mentre le previsioni sui morti in Turchia e Siria si fanno di ora in ora più drammatiche.
Nel momento in cui scriviamo sono già decedute oltre 11mila persone, rimaste sotto le macerie di un sisma tra i peggiori della storia.
Quello che sconcerta nell’enorme tragedia che allunga la lista delle vittime, è il fatto che il terremoto si sia abbattuto proprio sulle città già martiri, come Idlib, Aleppo e il Kurdistan iracheno, tra le aree più martoriate dalla lunga guerra.
Ad Idlib peraltro la guerra non è conclusa e la città è ancora assediata dai gruppi armati ribelli che sfuggono al controllo del regime e dunque la città è tagliata fuori dagli aiuti governativi.
Da Caritas Internazionale fanno sapere che è ancora impossibile raggiungere Idlib e gli altri villaggi vicini: «c’è una parte di Siria tagliata fuori dagli aiuti».
«Dodici anni di conflitto in Siria hanno lasciato le famiglie nel baratro.
Stavano già lottando per nutrire i propri figli, per tenerli al caldo quest’inverno e per mandarli a scuola – dice Okke Bouwman di Save the Children Siria – Ora i bambini rischiano di essere intrappolati sotto le macerie, separati dai loro familiari e di non sapere se la notte avranno un posto caldo dove dormire».
In Siria il sisma ferisce un Paese dilaniato dove oltre l’80% della popolazione vive in povertà.
Caritas Italiana, impegnata da anni nei due Paesi, è in costante contatto con le Caritas locali e la rete internazionale per offrire aiuto e sostegno.
Il direttore, don Marco Pagniello, chiede «un’attenzione solidale da parte di tutti verso aree del mondo già segnate da conflitti dimenticati e da povertà estrema».