Tensioni tra Niger e Benin per il metanodotto

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Non accenna a placarsi la diatriba insorta tra  Niger e Benin, che da settimane alimenta una tensione politica dagli esiti incerti, esplosa a giugno di quest’anno.

Cinque funzionari di Niamey dipendenti della società petrolifera cinese Wapco-Niger sono stati
arrestati nel porto di Seme-Kpodji in Benin dove sbocca il terminale con il petrolio del
metanodotto proveniente dal Niger, destinato alle petroliere di mezzo mondo.

Ovviamente, questo arresto ha innescato la reazione del governo di Niamey retto dai militari dopo il golpe contro il presidente Bazoum del luglio 2023.

I rapporti tra i due Paesi si sono ulteriormente complicati quando a fine giugno i cinque sono stati condannati da un tribunale di Cotonou a diciotto mesi di carcere.

Questo ha innescato un’escalation non solo verbale, allontanando ancora di più i due Paesi
da una collaborazione che, nonostante le sanzioni della CEDEAO contro i dirigenti del Niger
decretate dopo il golpe del luglio 2023, avevano trovato l’accordo per inaugurare un metanodotto
che da Agadem in Niger trasportasse per 2000 chilometri il petrolio fino al porto sull’oceano
Atlantico.

Una infrastruttura vitale questo metanodotto per il Niger, come si può ben immaginare, visto che il
Paese non dispone di sbocchi sul mare.

Nel febbraio di quest’anno la CEDEAO aveva deciso di levare le sanzioni contro la Giunta
Militare di Nyamey, ma il governo aveva deciso comunque di non riaprire le frontiere invocando
ragioni di sicurezza nazionale.

Anzi, Niamey la buttava in politica accusando Cotonou di ospitare basi militari con la presenza di soldati stranieri, soprattutto francesi, “nemici” del governo nigerino che nel frattempo aveva creato un’alleanza politico-militare con Burkina Faso e Mali supportata dalla Russia.

Il Benin ovviamente ha smentito ma per bocca del suo Presidente Patrice Talon non
ha mancato di mettere l’accento sulle contraddizioni della politica doganale di Niamey: ”Bisogna
che le autorità nigerine dicano ufficialmente che la chiusura delle frontiere terrestri riguarda
anche il petrolio, altrimenti anche le formalità doganali del passaggio del petrolio restano
legalmente impossibili tra Benin e Niger”.

I cinesi, implicati pesantemente nella querelle tra i due Paesi, hanno attivato hanno attivato i loro canali diplomatici per arrivare ad una soluzione, anche perché il clima di tensione tra Niamey e Cotonou sta penalizzando tutta l’economia della regione dal momento che più dell’80% delle importazioni in Niger, grano compreso, transita dal Benin che ogni giorno di più deve fare i conti con il malcontento dei commercianti per la politica del muro contro muro attuata dal governo:

“Non c’è bisogno di essere grandi esperti di economia per conoscere le regole del business. Senza di noi i nigerini soffrono, ma anche noi ci stiamo facendo del male da soli.

Siamo popoli vicini e le ragioni della politica internazionale vengono dopo. Francesi e russi non devono far pagare a noi il prezzo della loro geo-strategia nel Sahel”!

Per tentare una via di conciliazione è intervenuto anche il vecchio Presidente del Benin Soglo il quale, nel suo ruolo di Vicepresidente del Forum degli ex Capi di Stato d’Africa (FACA) si è consultato con il mozambicano presidente in esercizio del Forum e con il già Presidente della vicina Nigeria Obasanjo per proporre una soluzione alla querelle che rischia di bloccare economicamente un’intera regione con conseguenze politiche difficilmente prevedibili.