Sudan, la violenza delle RSF contro i civili in fuga dal Darfur

Per il massacro degli esponenti Massalit nel Darfur Occidentale si parla di pulizia etnica

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Continua l’esodo dei civili dal Sudan verso il Ciad, in particolare i rifugiati si fermano nella periferia della città di Adre.
Chi fugge dal Paese racconta di aver incontrato lungo il cammino le milizie Janjaweed, ossia le Rapid Support Forces.
«Quando questo avviene tutti gli individui di sesso maschile vengono arrestati, inclusi i bambini, mentre le donne vengono picchiate e derubate di tutto quello che hanno».
A dirlo è Adam Nor, attivista sudanese in Italia, che segue molto da vicino le vicende legate al proprio Paese, grazie alle notizie giunte da amici e famigliari che hanno lasciato il Darfur e sono arrivati in Ciad.
«La città di El Geneina, nel Darfur Occidentale, è ancora popolata di civili, ed è difesa da loro.  Nonostante moltissimi siano entrati in Ciad, la maggior parte della popolazione civile è rimasta in città», dice.
Il punto è che non tutti riescono a scappare a piedi e in condizioni di grande insicurezza, soprattutto gli anziani e i feriti: Nor spiega che «bisogna camminare per 40 km circa per arrivare da El Geneina a Adre.
Alcuni invece scelgono proprio di restare ad El Geneina e la frase che si sente dire è: “non vogliamo essere per la terza volta rifugiati in un Paese che non è il nostro. Se la città cade, moriremo con lei».
Si riferiscono ai due grandi esodi della popolazione di El Geneina e del West Darfur alla fine degli anni ’90 e nel 2003, sempre per mano dei Janjaweed.
Nor prosegue spiegando che «le milizie delle RSF del generale Hemedti sono entrate in città passando dal quartiere cosiddetto “delle scuole” e personaggi di spicco come attivisti, avvocati e medici appartenenti alla etnia Massalit sono stati raggiunti nelle proprie case e uccisi».
L’attivista è certo che «questo sia il segnale che, come denuncia anche Human Rights Watch si tratta di una vera e propria pulizia etnica nei confronti della popolazione Massalit che è proprio originaria del West Darfur».
In uno dei video girati dallo zio di Adam Mor, Ali Ibrahim,  si vede una donna che parla in lingua Massalit: «racconta che sono in viaggio da due giorni e che a metà strada hanno incontrato una stazione di polizia ed hanno chiesto ricovero per la notte, ma è stato loro rifiutato».
Durante il cammino sono stati raggiunti dalle RSF e dai Janjaweed che erano insieme ad alcune donne, forse le loro mogli.
Questi hanno preso con loro tutti i maschi e alcuni li hanno uccisi subito, mentre le donne sono state picchiate e derubate.
La donna conferma che nel suo gruppo ci sono tanti bambini e anziani, persone ferite, senza cibo e medicinali, non hanno dove dormire e di che vestirsi.  
Un’altra testimonianza filmata racconta: «tutte le persone che erano in viaggio con me sono state uccise nel tragitto».
Ho visto altre sette persone che scappavano da Geneina, non so cosa sia successo, non le ho più riviste».
Da ieri gira la foto di un bambino nella chat della diaspora della comunità Massalit:
«i rifugiati in Ciad lo hanno trovato da solo che vagava nella zona di confine, è stato affidato a chi già stava nel campo profughi dal 2003».
In questo momento solo l’attivazione di un corridoio umanitario urgente può sostenere le persone arrivate senza nulla. L’unico aiuto che ricevono viene dalla popolazione stessa del Ciad e non è abbastanza.