In tempo di Quaresima è bene ripensare a quanto i nostri sprechi alimentari costano ai milioni di persone – moltissimi bambini – che soffrono la fame nel mondo.
Tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 secondo l’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDG), al numero 12.3 si prevede di dimezzare la quantità di prodotti alimentari scartati, dalla vendita al dettaglio fino al consumo, oltre a ridurre le perdite durante la produzione e nella filiera della commercializzazione.
La realtà di oggi, in riferimento a questo tema, ci presenta un dato drammaticamente costante: sono circa 800 milioni le persone che nel mondo soffrono la fame (dati Fao riferiti al 2021), a fronte di una perdita annua di cibo (dalla produzione alla commercializzazione e consumo), come scarti e rifiuti, corrispondente al necessario per nutrire un miliardo e 250 milioni di persone.
Sappiamo tutti molto bene che i primi a farne le spese di questa situazione sono i più vulnerabili, soprattutto quei sei milioni di bambini da fino a cinque anni che ogni anno muoiono per cause legate a denutrizione e malnutrizione.
Il mondo missionario è da sempre molto attivo nel portare aiuto nelle realtà più colpite dalla fame, con la realizzazione di numerosi centri nutrizionali dedicati in particolare ai bambini, ma, seguendo le insistenti sollecitazioni di papa Francesco, è necessario un ulteriore sforzo da parte di tutta la Chiesa e di tutte le “persone di buona volontà” per contrastare le cause che originano l’ingiustizia della fame a livello globale.
Nelle nostre città è in aumento la raccolta differenziata degli scarti alimentari domestici, per essere trattati in impianti per la produzione di combustibili gassosi (biogas), o con sistemi di compostaggio da cui si possono ricavare anche terricci biologici per i fiori dei nostri balconi e giardini.
Ma la lotta contro la fame nel mondo è soprattutto culturale, e parte dal nostro modo di produrre, acquistare, consumare e scartare il cibo: tutte azioni che hanno a che fare direttamente con la crisi climatica globale.