«Non credo che la guerra sia solo una questione di armamenti, nemmeno di chi ha l’armamento più grande o più potente… Io penso che ciò che produce davvero le guerre nel mondo siano i cuori delle persone.
Nella nostra pastorale, nella diocesi di Bafatà, in Guinea Bissau, lavoriamo molto con la commissione Giustizia e pace, sviluppo e diritti umani.
Soprattutto nei villaggi rurali, ci affianchiamo alle persone, agli anziani, alle donne e ai giovani, per cercare insieme strade di soluzione pacifica ai conflitti».
Ad aprire, con queste parole, il dibattito sulla pace e la guerra e sulla auspicabile soluzione negoziale del conflitto in Ucraina, è don Lucio Brentegani, missionario fidei donum a Bafatà, in Guinea Bissau.
Con noi, sia lui che padre Daniele Moschetti, comboniano a Castel Volturno, in Campania, sviscerano il tema bellico cercando di fornire spunti di riflessione, mentre avanza in solitaria l’iniziativa del Papa per un negoziato di pace in Ucraina.
«Per fortuna riesco ad informarmi sull’Ucraina, sebbene indirettamente- dice ancora don Lucio –
E quello che so per certo sull’Ucraina è che questa guerra infinita sta provocando più povertà in Africa. Ha fatto aumentare i prezzi dei prodotti primari, nello specifico qui in Guinea Bissau».
Uno degli effetti è che il potere d’acquisto delle persone è diminuito e la povertà di conseguenza è aumentata.
«Il prezzo del gasolio è aumentato qui, ma anche quello del riso, dell’olio, del sapone: sono aumentati lo zucchero e tutti i prodotti importati -afferma don Lucio – Chiaro che poi anche i prezzi dei prodotti locali sono aumentati: carne, verdure, cipolle.
L’unico prezzo che diminuisce, a sfavore dei produttori locali è l’anacardo: il prodotto che sostiene l’economia della Guinea».
Ma è spesso proprio la fame dei popoli ad essere usata come alibi per le guerre: «la fame e la sete favoriscono le guerre tra poveri e fanno milioni di rifugiati», osserva il fidei donum.
«C’è una escalation continua della guerra in Ucraina, cresce la follia dell’umanità nel trascinare il mondo in una guerra devastante, che non riguarda più solo l’Europa – afferma padre Daniele Moschetti – I mercenari russi hanno preso gran parte della scena mondiale e stanno alimentando vari conflitti, compreso quello in Sudan».
Padre Daniele, che ha vissuto molti anni in Sud Sudan conosce bene le dinamiche di conflitto africano, strettamente collegate ai finanziamenti di potenze straniere.
«Quel che più sconvolge è che non c’è un dialogo aperto, una volontà di fermare il conflitto ucraino», argomenta.
A inizio 2023 in totale, secondo le stime riportate dalla Reuters sarebbero oltre 350.000 i soldati russi e ucraini morti in guerra; i morti tra i civili ammonterebbero ad oltre 7mila.
«Macron ha detto che non è ancora arrivato il momento per un dialogo diplomatico. Ma per le armi però c’è sempre tempo! – osserva ancora Moschetti – questo è il dramma della diplomazia: il Papa purtroppo è molto isolato, e i tentativi di pace sono messi nell’angolo».
Moschetti afferma: «il Papa come sempre si adopera e fa molto dietro le quinte, e io spero che questo lavoro porti a dei risultati perchè andando avanti nel conflitto si useranno armi sempre più devastanti».
Monsignor monsignor Luigi Bettazzi, 99 anni, vescovo che fu testimone della crisi missilistica di Cuba, intervistato da TPI ha risposto:
«Secondo me la follia – come la chiama il Papa – è la guerra di attacco, ma anche quella di difesa.
L’unica difesa vera è sulla base della non violenza e oggi nessuno la porta più avanti.
Tutti pensano che all’occupazione si risponda con la guerra. E allora cosa fare? Si va controcorrente e amen».
Nel frattempo in Ucraina un intero popolo allo stremo soffre e continua a morire:
«Sono di ritorno dall‘Est Europa, ancora una volta dopo essere stato non lontano dal confine con l’Ucraina- ci scrive un focolarino di ritorno da un viaggio –
Le testimonianze raccolte sono il tesoro più prezioso: Dio è presente proprio là dove il dolore è immenso e le sofferenze indescrivibili».
E prosegue: «da alcune persone della nostra comunità di Kiev ho saputo che ogni giorno, nei vari ospedali della capitale, vengono amputati gli arti di più di cento persone».
«Sono tornato in Italia con un amore ancora più grande e deciso, sia verso questo popolo “martoriato” sia nei confronti di chiunque si trovi a vivere altrettanti situazioni di sofferenza e impotenza».
Don Filippo Santoro, vescovo di Taranto ha scritto in una lettera aperta:
«sono stato dal 25 al 28 aprile in una missione di pace a Kiev in Ucraina, promossa da una associazione laica, “L’isola che non c’è”, che con insistenza mi ha coinvolto nella guida di questo viaggio. Per amicizia e per condivisione di una buona causa sono partito.
L’obiettivo era porre un gesto per condividere il dolore e la sofferenza del popolo ucraino portando in dono un bassorilievo raffigurante san Michele Arcangelo, patrono di Kiev lottatore per il bene contro il male che in questo caso è la guerra».