Félix Tshisekedi è il nuovo presidente della Repubblica Democratica del Congo. Cinquantacinque anni, membro dell’Assemblea nazionale congolese, ha ottenuto il 38,5% dei suffragi, imponendosi sugli altri 20 candidati in lizza.
Il risultato è stato ufficializzato alle tre di notte dopo lunghi giorni di attesa. L’oscuramento dei collegamenti internet da parte del governo aveva insospettito molti esponenti della società civile che temevano un colpo di mano da parte del’“delfino” del capo di Stato uscente, Joseph Kabila, l’ex ministro dell’Interno, Emmanuel Ramazani Shadary. Durante la consultazione elettorale, svoltasi domenica 30 dicembre, hanno vigilato sulle operazioni di voto oltre 40mila osservatori elettorali della Conferenza episcopale nazionale congolese, una delle poche istituzioni degne di credibilità nel Paese. Non ha comunque, almeno per ora, accettato il verdetto delle urne Martin Fayulu, ex magnate del petrolio, che avendo ottenuto 34,8 % di voti ha immediatamente contestato l’esito del voto, invitando oggi i suoi sostenitori a scendere nelle piazze del Paese. “Questo risultato non ha niente a che vedere con la verità nelle urne”, ha detto ai giornalisti Fayulu, dichiarando che si è trattato di un “golpe elettorale” perpetrato da Tshisekedi e Ramazani Shadary i quali avrebbero segretamente trattato con l’impegno di garantire gli interessi del presidente uscente Kabila. Da rilevare che il governo di Parigi si è schierato in favore di Fayulu chiedendo formalmente, attraverso il suo ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, “chiarezza sui risultati di un voto non conformi alle attese”. Il popolo congolese attendeva dalla fine del 2016 di poter votare, una data rinviata più volte a causa della prepotenza di Kabila, al potere dal giorno dell’omicidio di suo padre (putativo e non di sangue stando a fonti ben informate della società civile congolese) Laurent-Désiré, nel gennaio del 2001.
Crogiuolo di popoli con straordinarie culture ancestrali – quasi 82 milioni gli abitanti divisi in trecento principali etnie – la Repubblica democratica del Congo è attraversata da immense foreste equatoriali con una vegetazione spontanea che si manifesta, a quelle latitudini, nelle forme più esuberanti, costituendo il più ricco emporio di piante esotiche, tra cui primeggiano i palmizi e i legni più pregiati, quali l’ebano e il mogano. Per non parlare dei suoi grandi fiumi o degli struggenti tramonti che rendono questo vastissimo territorio un concentrato di bellezze paesaggistiche. Immense sono le ricchezze del sottosuolo: dal cobalto al rutilio, dai diamanti al petrolio… Si tratta delle risorse che fanno di questo Paese “uno scandalo geologico” e che sono state al centro delle guerre che dal 1996 al 2003 (con penosi strascichi fino ai giorni nostri) hanno insanguinato la Repubblica Democratica del Congo, provocando quattro, se non addirittura cinque/sei milioni di morti. Gli interessi economici stranieri da sempre hanno rappresentato un fattore altamente destabilizzante per il paese. Alla prova dei fatti, l’ex Zaire – come si chiamava durante il regime del defunto Mobutu Sese Seko – potrebbe essere davvero un Paese di nababbi, anche se poi, è afflitto da inedia, pandemie e violenze. Da rilevare che la Commissione elettorale aveva acquistato dalla Corea del Sud ben 106mila macchinari per il voto elettronico. Purtroppo, a seguito di un incendio, certamente doloso, nel deposito dove erano stati sistemati al loro arrivo i macchinari, più della metà è rimasto danneggiato, causando il rinvio delle elezioni dal 23 al 30 dicembre. Secondo la Commissione elettorale, Félix Tshisekedi avrebbe ottenuto 7.051.013 voti validi contro i 6.366.732 voti di Martin Fayulu.
Foto: John Thys/Afp