Ad Uvira, cittadina della Repubblica Democratica del Congo, bersaglio di piogge torrenziali ad aprile dello scorso anno e ancora oggi in pericolo, si vive in uno stato permanente di «allerta e tensione».
Ce lo racconta suor Delia Guadagnini, la missionaria saveriana che aveva testimoniato la distruzione di un’intera comunità colpita dalle alluvioni e rimasta senza casa.
Gli effetti dei cambiamenti climatici in questa zona dell’Africa subsahariana, nei pressi del lago Tanganika, sono ben visibili e preoccupanti. Tanto che la Chiesa dedica al tema del climate change un’attenzione a parte.
«Quest’anno le piogge sono state un pochino meno violente del solito – dice suor Delia – ma i cambiamenti climatici continuano ad avanzare e fanno paura». E questo sarà il tema dominante dei prossimi anni in Africa e non solo.
«Ci sono state piogge forti ad aprile scorso, che hanno fatto ancora disastri e hanno lasciato molta gente senza casa. Ma le persone adesso sono più accorte e quando capiscono che il pericolo arriva, scappano», precisa ancora la suora.
Ad Uvira adesso ci si organizza per tempo, per evitare la morte: «si sono costituite piccole equipe di giovani – racconta – che quando vedono il pericolo imminente cominciano a fischiare, dicendo alla gente: “scappate, scappate, scappate!”».
Non si può vivere in pace e tranquillità nel Sud Kivu, il clima, le milizie armate, la guerra sempre incombente , sono una minaccia perenne per chi vi abita. E i danni restano.
«La terra e i sassi piombati giù dalla montagna sono ancora tutti là, abbiamo chiesto intervento del Comune per aiutarci ma nulla… La gente è scoraggiata perchè non vede un intervento e un aiuto a livello provinciale».
La Chiesa ha preso atto da tempo delle conseguenze dei cambiamenti climatici, il «nostro vescovo – dice la missionaria – è responsabile del settore cambiamenti climatici. Adesso è via per un paio di mesi ma quando torna ci relazionerà. C’è molta consapevolezza, ma anche molta impotenza».
A guidare la diocesi è monsignor Sébastien-Joseph Muyengo, ma anche per lui non è facile proporre un cambiamento che sia incisivo: «il problema è passare dalla grande teoria alla pratica, come può essere ad esempio il piantare alberi. Speriamo che questo avvenga ma ci vuole molta animazione nei quartieri e molto sostegno per far sì che questi disastri non continuino. Dobbiamo abituarci a piogge forti che la terra non riesce ad assorbire».
Fare informazione, proporre campagne di sensibilizzazione sul tema ed incidere sulla vita delle comunità costa e d’altra parte cambiare zona di residenza o lasciare casa «richiede mezzi economici importanti che la maggior parte della gente non ha», spiega la missionaria.
«Noi continuiamo su questa strada: i cambiamenti climatici sono al centro della nostra attenzione e del dibattito pubblico, ma restano purtroppo ancora parole al vento perchè concretamente non si è fatto nulla. Dobbiamo evitare ad esempio le costruzioni selvagge».
La vita delle persone ad Uvira è cambiata tanto in questi anni: «stanno tutti più in allerta e molti sono rimasti senza alloggio. In molte persone c’è una sorta di rassegnazione e prendono le cose così come vengono. La rassegnazione è una gran brutta malattia contro la quale combattiamo: è molto più importante prevenire che aspettare che succeda un disastro».