I candidati alle presidenziali congolesi, competitors del presidente Félix Tshisekedi, si presentano in campagna elettorale ad un popolo impaurito, condizionato da pressioni di ogni tipo e limitato nell’accesso al voto.
L’election day, programmato per il 20 dicembre, appare già come una «difficile resa dei conti» tra il presidente che non molla la presa e una decina di candidati a rischio.
«E’ proprio così, e a mio avviso il candidato Denis Mukwege, uomo di un’onestà ineccepibile, si è infilato in un pantano: gli stanno facendo una dura battaglia contro», ci spiega don Giovanni Piumatti, fidei donum per 40 anni missionario a Butembu, nel Kivu.
«Se penso che il medico premio Nobel per la pace rischi la vita? Sì: come la rischiava Luca Attanansio, il nostro ambasciatore che poi è stato ammazzato».
Il primo ottobre scorso, il ginecologo congolese che ha salvato molte donne vittime di stupro, ha firmato un patto con i suoi potenziali concorrenti elettorali: si chiama “Congo tolingi” o il Congo che noi vogliamo.
Si tratta di un documento, suo manifesto elettorale, che contiene i valori, le idee e i desiderata della popolazione stessa, raccolti durante gli incontri e le assemblee pubbliche di Po na Congo, il movimento Pour le Congo.
Il Paese più martoriato d’Africa, avrebbe bisogno di «pacificazione e perdono e» di uscir fuori dall’incubo della guerriglia, del terrorismo e delle milizie armate.
«Fuori dalla logica estrattivista dell’accaparramento delle risorse», ripete don Piumatti.
Il fatto invece che si miri ad escludere dal voto larghe fette di popolazione soprattutto ad est del Paese, nel Kivu, ufficialmente per motivi di sicurezza, non è rassicurante.
«Si tratta di una manipolazione, le elezioni in Congo sono quasi sempre frutto di brogli», dice don Giovanni.
Qualsiasi risultato uscirà dalle urne il 20 dicembre dovrà essere preso con le pinze, avverte il missionario, perché «c’è la corsa ad accaparrarsi piccoli seggi a Kinshasa».
Le elezioni rappresentano anche una buona ‘occasione’ per i terroristi che trovano campo libero.
Pochi giorni fa l’attivista congolese Heritier Nyamwami ha reso noto che «mentre le autorità sono occupate con le elezioni, i terroristi del Movimento M23 conquistano diversi villaggi nel territorio di Masisi».
«Il recente “rastrellamento” e le restrizioni delle libertà fondamentali da parte delle autorità nei confronti dei candidati», preoccupa molto Human Rights Watch, che ha chiesto al governo in carica rassicurazioni affinchè «il popolo possa esprimersi liberamente».
Con questa dichiarazione congiunta ben sei candidati tra i quali Moïse Katumbi, Martin Fayulu e il medico “che ripara le donne”, Premio Nobel per la pace, Denis Mukwege, hanno denunciato «una mancanza di trasparenza» durante tutta la campagna elettorale.
«La povertà è tanta e noi sappiamo bene che il voto viene comprato con poche briciole, una promessa, un pezzo di sapone, qualche spicciolo», conferma don Piumatti.
Non dimentichiamo che Cherubin Okende, ex ministro dei trasporti e membro del parlamento, portavoce di Insieme per la Repubblica è stato ucciso lo scorso 12 luglio e nulla si è saputo di questo omicidio mirato.
(Una versione estesa di questo articolo è pubblicata sul numero di dicembre di Popoli e Missione)