L’intervista è uno stralcio dell’articolo che verrà pubblicato sul numero di aprile di Popoli e Missione.
«Mi sento molto sostenuto e ho ricevuto talmente tante manifestazioni di incoraggiamento e di vicinanza che non so neanche io come sia possibile!».
Emozione, gratitudine e grande senso di responsabilità: sono i primi sentimenti che padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano in Repubblica Centrafricana, manifesta a pochi giorni dalla nomina a vescovo.
Quando lo sentiamo al telefono dal Centrafrica, ha appena ricevuto da papa Francesco la notizia della nomina, nella diocesi di Bangassou, e si dice «molto grato», ma anche consapevole dell’enorme carico che lo aspetta.
«E’ un impegno di vita e carità».
Soprattutto dato il contesto conflittuale e le iniquità di un Paese poverissimo, dilaniato da anni di guerra civile tra milizie armate Anti-Balaka ed ex Seleka, e alle prese con un negoziato di pace che non decolla.
«E’ una cosa enorme quella che mi è successa – ci ripete – e il ministero del vescovo è impegnativo».
Dice anche che «il vescovo non è un manager, la cosa più importante per me sarà, e già lo è, annunciare il vangelo e stare vicino alla gente», rendendo concreta la Parola.
In questi 33 anni di servizio come missionario in Repubblica Centrafrica, padre Aurelio non è mai rimasto a guardare passivamente quello che accadeva.
Come quando ad aprile 2019 è stato arrestato per aver difeso i diritti degli abitanti poveri contro gli sfruttatori di una delle miniere d’oro del Paese, proprio vicino a Bazoum.
In quell’occasione si era avvicinato al sito minerario che passava non lontano dalla sua missione.
Si era installata lì una società mineraria cinese che con grandi macchinari deviava il corso dell’acqua del fiume, scavando e setacciando il fondale.
L’intera cittadinanza si schierò con lui e pretese che fosse subito scarcerato.
«Il mio è un vangelo che si incarna», ci racconta oggi padre Aurelio.
«Di cosa mi occuperò appena insediato, in questi primi mesi? C’è tanto da fare! – dice – Ci sono ad esempio tanti orfani e anziani rifiutati dalle comunità perché accusati di stregoneria…».
È dalla loro parte che si metterà padre Aurelio. Sempre dalla parte degli scartati. Il carmelitano non ha mai risparmiato battaglie e impegno per la giustizia.
Dopo anni come assistente al Seminario Minore di Arenzano, padre Aurelio, classe 1962, nel 1992 raggiunge la missione in Repubblica Centrafricana, svolgendo diversi incarichi nella diocesi di Bouar: da direttore del primo ciclo del Seminario Minore di Yolé-Bouar a parroco della St.Michel di Bozoum.
Dal 2020 è membro della comunità di Baoro e si occupa dei cristiani dei villaggi della savana.
Ci spiega che “governare” l’immensa Bangassou dal punto di vista spirituale sarà una vera e propria impresa.
«E’ una delle nove diocesi del Centrafrica, fondata nel 1954, e si trova nella parte orientale, al confina con il Sud Sudan ad est e il Congo Democratico a sud».
Già questi due confini ci dicono che Bangassou contiene molte incognite ed eredita pesanti fardelli.
Inoltre la sua estensione è significativa: «misura una superficie di 134mila kmq, che significa quasi la metà dell’Italia; ma è composta da appena 12 parrocchie, 28 sacerdoti e alcuni religiosi e religiose.
Su 582mila persone solo circa 82.500 sono cristiani cattolici».
È stata governata per anni da padreJuan-José Aguirre Muñoz, religioso comboniano di nazionalità spagnola.
(Continua sul numero in distribuzione)