Pace in Medio Oriente, il Papa: oggi digiuno e preghiera (in San Pietro)

Diplomazia vaticana al lavoro, mentre il pontefice invita il mondo a pregare

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La Terra Santa è al centro dei pensieri del Papa. Che in queste ore lotta contro il tempo per trovare il giusto canale diplomatico atto a garantire soluzioni negoziali di pace in Medio Oriente.

In modo parallelo a quanto sta compiendo con la diplomazia, il pontefice invita il mondo a pregare: oggi ha indetto una giornata di digiuno e preghiera e ha dato appuntamento a tutti alle 18.00 nella basilica di San Pietro.

«Pregheremo per il dono della pace con il Santo Rosario e l’Adorazione Eucaristica», si legge sul sito della Santa sede.

«Ancora una volta il mio pensiero va a quanto sta accadendo in Israele e in Palestina – aveva detto il pontefice domenica scorsa durante l’Angelus – Sono molto preoccupato, addolorato, prego e sono vicino a tutti coloro che soffrono, agli ostaggi, ai feriti, alle vittime e ai loro familiari».

«Penso alla grave situazione umanitaria a Gaza e mi addolora che anche l’ospedale anglicano e la parrocchia greco-ortodossa siano stati colpiti nei giorni scorsi.

Rinnovo il mio appello affinché si aprano degli spazi, si continuino a far arrivare gli aiuti umanitari e si liberino gli ostaggi».

L’importante lavoro del Vaticano per spingere le diplomazie a mediare in Terra Santa e ad interrompere la spirale di violenza e odio, è incessante.

Dopo la conversazione telefonica con Joe Biden lo scorso 22 ottobre, Francesco ieri ha avuto un secondo importante colloquio telefonico, stavolta con il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan.

La conferma è giunta dal portavoce della Santa sede, che ieri ha detto:

«posso confermare che questa mattina si è svolta una conversazione telefonica tra il Papa e il Presidente della Turchia Erdogan.

La comunicazione, richiesta da quest’ultimo, si è incentrata sulla situazione drammatica in Terra Santa.

Il Papa ha espresso il suo dolore per quanto avviene e ha ricordato la posizione della Santa Sede, auspicando che si possa arrivare all’istituzione di due Stati definiti e di uno statuto speciale per la città di Gerusalemme».

A quanto si apprende, ricostruendo gli interventi della Santa Sede, sul piano diplomatico la liberazione dei circa 200 ostaggi catturati da Hamas in Israele è il presupposto necessario per frenare l’escalation militare.

Il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, a margine di un incontro in Campidoglio, ieri ha dichiarato:

«Mi unisco all’appello fatto tante volte dal Papa durante questo tempo di guerra.

Che le ragioni della pace possano prevalere su quelle della violenza e sulla guerra, quindi scendendo al concreto per la liberazione degli ostaggi e poi per la crisi umanitaria di Gaza».

Quanto all’opera di mediazione della Santa Sede, Parolin ha risposto:

«Credo che grandi speranze al momento non ce ne siano, però c’è la presenza in loco della Chiesa, attraverso il Patriarcato latino di Gerusalemme, e vedo che in questo senso c’è una qualche interlocuzione.

In questo senso qualche scambio è positivo. È su quel versante che si sta facendo qualcosa. Non abbiamo mai parlato di un cessate il fuoco, ma stiamo attenti alle cose umanitarie”.

La soluzione negoziale dei due Stati per due popoli è quella maggiormente auspicata dalla comunità internazionale e non è decaduta, nonostante la brutalità della violenza di questi giorni a Gaza.