E’ di questi giorni la notizia che un vescovo della Nigeria è stato obbligato a scendere a compromessi pagando un riscatto per la liberazione di alcuni suoi sacerdoti rapiti.
Monsignor Mattew Kukah, vescovo di Sokoto nel profondo nord della Nigeria, ha resa pubblica la sua decisione di aver pagato una trentina di milioni di nairas, circa 36.000 euro, ai rapitori dei suoi preti.
Questa dichiarazione rappresenta un reale cambiamento di posizione per la Chiesa cattolica che mai si era piegata a pagare un riscatto.
«Siamo in pochi, ho già perso un seminarista e un sacerdote – ha spiegato alla stampa mons. Kukah – per questo abbiamo deciso di spendere questi soldi, che noi tra l’altro non abbiamo, per riportare a casa i nostri agenti pastorali dalle mani dei rapitori».
In una recente intervista a fine ottobre, il Vescovo era tornato sulla questione ricordando come la mancanza di sicurezza per sacedoti e catechisti avesse come conseguenza anche un impoverimento umano e materiale della Chiesa.
«In Nigeria – ha continuato il Vescovo Kukah – i rapimenti di sacerdoti si sono moltiplicati in questi ultimi anni, in un contesto sociale caratterizzato da una generale insicurezza che colpisce tutta la popolazione».
Le cifre pubblicate dalla Conferenza Episcopale sono impressionanti: dal 2006 ad oggi, più di una cinquantina di preti sono stati rapiti; 12 hanno subito attentati e ben 16 sono stati assassinati. In 17 anni dunque, più di ottanta sacerdoti hanno subito violenza.
Nella sola diocesi di Sokoto, «molte nostre chiese sono state incendiate; la mia stessa Cattedrale è
stata attaccata più volte con grave pericolo per i nostri preti e per i nostri cristiani – ricorda mons.
Kukah – Una nostra studentessa, Deborah Emmanuel Yakubu, è stata lapidata e bastonata a morte, accusata di blasfemia».
Non senza una punta di amarezza poi, ma senza alcuna acrimonia, il vescovo ha lamentato una certa mancanza di solidarietà da parte delle diocesi che vivono in contesti territoriali, sociali e religiosi meno conflittuali.
La decisione del Vescovo di Sokoto di pagare il riscatto è dunque un cambiamento di rotta rispetto al passato.
La liberazione di alcuni preti già il giorno dopo del rapimento aveva fatto sospettare agli osservatori che ci fosse stato un accordo per versare denaro ai rapitori che sembrano avere scoperto un nuovo filone criminale per far soldi.
Nel settembre scorso il Direttore della Comunicazione per la diocesi di Enugu, padre Antony Aneke, si era rifiutato di rispondere alla domanda precisa se fosse stato pagato un riscatto per la liberazione di un confratello.
Oggi , per bocca del Vescovo Kukah c’è la conferma che contraddice le decisioni prese all’unanimità nel 2021 dalla Conferenza Episcopale.
Allora l’Arcivescovo di Abuja, monsignor Ignatius Ayabu Kaigama, aveva spiegato che «un prete accetta il rischio e in caso di rapimento deve informare con fermezza i suoi rapitori che la sua Chiesa non pagherà alcun riscatto.
Pagare vuol dire mettere in pericolo tutti: preti, religiosi e collaboratori che lavorano in contesti socio-religiosi molto conflittuali e sono continuamente esposti ai pericoli nei loro spostamenti da villaggio a villaggio».
(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di dicembre di NotiCum, per leggere clicca qui).