Niger, padre Mauro e il Paese di sabbia che colleziona golpe

Lettera dal Sahel

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«C’è chi collezionava francobolli, noi nel Niger, invece, collezioniamo sabbia.

Quella delle strade che ci giunge fresca dal deserto col vento e che, dopo la pioggia, si infiltra dappertutto senza ritegno.

Anche la politica del nostro paese è di sabbia».

Scrive così padre Mauro Armanino, missionario SMA a Niamey, in una lettera aperta del 28 luglio scorso.

«Qui collezioniamo anche i Colpi di stato o i tentativi di compierlo.

Dall’anno dell’indipendenza, nel 1960, sono almeno cinque quelli effettuati, senza contare i tentativi reali o immaginari di destabilizzazione istituzionale da parte dei militari».

Scrive il missionario, che in questi giorni di fiato sospeso per le sorti del Niger, vive nella capitale sotto golpe:

«dalle nostre parti, almeno, siamo coscienti dei nostri limiti e possibilità mentre altrove si finge che la democrazia sia inossidabile, granitica, immutabile e scontata.

Qui, invece, la nostra (democrazia) sa bene di essere sabbiosa, precaria, adattabile, manovrabile e funzionale agli interessi di arrivisti del momento.

Lo assumiamo come un dato di fatto e per questo, ad intervalli regolari, rimettiamo il gioco democratico alla linea di ripartenza per un’altra tornata che si sa d’anticipo, limitata nel tempo e nello spazio.

Cose come i partiti, smantellati col loro consenso, la società civile, comprata e svenduta a piacimento e gli intellettuali, membri onorari del campo dei vincitori, fanno sì che l’ambito politico sia sparito, liquidato, confiscato».