A tre mesi dal golpe militare che ha deposto il presidente Mohamed Bazoum, il Niger fa i conti con le sanzioni economiche imposte dai “vicini di casa” della Cedeao, la povertà in aumento e un idillio fragilissimo tra il popolo e la giunta militare.
«La luna di miele coi militari potrebbe trasformarsi presto in rifiuto se le promesse di giustizia e dignità per tutti non saranno mantenute».
Lo sostiene padre Mauro Armanino, missionario SMA a Niamey.
«Le sanzioni della Comunità dell’Africa Occidentale (Cedeao), sotto spinta dell’Europa, hanno implicato la chiusura delle frontiere e ora anche il settore bancario è fortemente penalizzato», spiega padre Mauro.
E’ notizia di qualche ora fa, inoltre, che Bazoum e la sua famiglia hanno tentato la fuga dal palazzo presidenziale nel quale sono detenuti dal 26 luglio, giorno del Coup d’Etat.
La cattività forzata senza una prospettiva di futuro, la lunga attesa e l’incertezza hanno rotto “il patto” non scritto tra l’ex famiglia al potere e i golpisti.
Lo ha reso il portavoce della giunta militare, Amadou Abdramane, parlando dalla Tv di Stato.
«Alle tre del mattino circa il Presidente estromesso e la sua famiglia – ha dichiarato Abdramane – i suoi due cuochi e due membri della sicurezza, hanno tentato la fuga dal luogo di detenzione».
Il Niger paga un duro prezzo per il golpe: sono state limitate le importazioni di derrate alimentari e le esportazioni agricole e minerarie, in particolare di uranio, le cui miniere nutrivano fino a qualche mese fa il rapporto con l’ex alleato francese.
Il tutto in un contesto di povertà dove milioni di persone sono a rischio carestia.
«Per ora buona parte del popolo sta coi militari per fierezza nazionale come se la vera indipendenza fosse nata in questi giorni, con l’estromissione dei militari francesi considerati neo-colonizzatori – aggiunge il missionario – Bisognerà prima o poi fare i conti con la realtà».
I vescovi della Conferenza episcopale del Benin in questi tre mesi hanno ripetutamente chiesto la sospensione della sanzioni, ma la risposta di Bola Tinubu, a capo della Cedeao, è sempre stata: «aspettiamo evoluzioni significative da parte della giunta militare nigerina».
Il tentativo di fuga del presidente e il suo ritorno “a casa”, hanno peggiorato la posizione della giunta.
Inoltre, la diatriba regionale scatenata nel Sahel in seguito al Colpo di Stato sta facendo perdere colpi alla lotta contro il terrorismo in tutta l’area.
A guadagnarci, in questa contrapposizione tra la giunta militare golpista da una parte, la Cedeao guidata dalla Nigeria dall’altra e i Paesi europei con la Francia in testa, sono i gruppi armati attivi nella regione.
«Boko Haram ha preso vantaggio dal cambiamento in corso – scriveva Samuel Oyewole, ricercatore di Scienze Politiche all’università federale della Nigeria su the Conversation – La priorità dei militari nigerini è passata dal combattere Boko Haram e altri gruppi estremisti violenti, al prendere misure contro un potenziale intervento militare guidato dall’Ecowas».
In questo caos che costringe a lottare per la sopravvivenza, la democrazia sfuma e la gente si ritrova a fare i conti con la quotidianità e la mancanza di lavoro.
«Proprio ieri – aggiunge Mauro Armanino – abbiamo organizzato un dibattito pubblico sul senso della parola ‘democrazia’.
Per alcuni non è che una trappola per continuare a colonizzare, per altri invece è un’opportunità, una sorta di ‘bene comune universale’ da utilizzare per la trasformazione della società».
Ma da qui al realizzarla, il percorso è lungo e faticoso e si rischia di perdere per strada il valore della partecipazione e della libertà.
I militari al potere non sono per nulla una garanzia di successo.