«Il mestiere più pericoloso nel Sahel adesso è quello del contadino. La strategia dei Gruppi Armati Terroristi li ha infatti presi come fin troppo facile bersaglio».
A scriverlo è padre Mauro Armanino, missionario della Società Missioni Africane, che in una lettera aperta racconta cosa accade in questa regione africana.
«Chini sulla terra da coltivare sono uccisi da uomini armati che arrivano all’improvviso, il mattino o il pomeriggio, sicuri di trovarli al lavoro», si legge.
I militari sono l’altro bersaglio dei gruppi armati quando pattugliano oppure sono di scorta ai civili com’è accaduto recentemente nel Burkina Faso.
«Si chiama la zona delle ‘tre frontiere’, quelle del Mali, del Niger e del Burkina Faso che si trova, suo malgrado, ad essere una delle regioni più pericolose al mondo. Dall’inizio dell’anno i morti nel Sahel si contano ormai a centinaia. I massacri sono opera dei terroristi, banditi armati e sedicenti djihadisti ma anche delle Forze di Difesa e di Sicurezza oltre che dei gruppi di ‘autodifesa’ o suppletivi».
Il Burkina Faso ha iniziato giovedì un lutto nazionale di tre giorni, in seguito all’attacco djihadista che ha ucciso 65 civili, 15 gendarmi e 6 suppletivi delle forze armate del Burkina.
Mauro Armanino ricorda che anche il governo nigerino lo scorso martedì ha decretato un lutto nazionale di 48 ore, in seguito all’attacco condotto lunedì da uomini armati non identificati, uccidendo 37 civili. Un lutto nazionale di 72 ore è stato decretato dal presidente della Transizione del Mali, Assimi Goita, per rendere omaggio alle vittime degli attacchi concertati in quattro villaggi nel nord del paese, nella notte da domenica a lunedì.
Gli occhi del mondo si concentreranno ben presto (in parte già avviene) su questa parte di Africa così tanto sofferente e presa di mira da gruppi armati che trasferiscono qui il loro potere e il loro focus; sono regioni poco sorvegliate, dai confini molto labili e senza uno Stato forte, in grado di ascoltare i bisogni dei loro popoli.