"Le misure di contenimento non sono una soluzione".

Naufragi in mare, Centro Astalli: “serve un sussulto di umanità”

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Sono almeno 64 i dispersi di un naufragio avvenuto nel mare Ionio, a circa cento miglia dalla costa della Calabria.

Undici i migranti superstiti, una donna è morta subito dopo lo sbarco.

Sull’imbarcazione a vela, partita dalla Turchia, viaggiavano perlopiù afgani, iraniani e curdi.

Lo scrive in una nota il Centro Astalli, ricordando che queste «vittime si aggiungono ai 10 migranti trovati privi di vita nello scafo di una barca in legno a largo di Lampedusa, forse soffocati dai fumi del carburante».

Erano partiti dalla Libia, erano in viaggio da alcuni giorni.

A bordo c’erano altre 51 persone, due delle quali trovate prive di sensi, che sono state salvate.

Padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, sottolinea come «queste tragedie avvengono davanti ai nostri occhi. Eppure nulla si muove».

Ogni naufragio ci mostra «il paradosso di questa epoca – dice la fondazione dei gesuiti – il fatto che degli esseri umani muoiano in mare non suscita reazioni e non provoca indignazione.

Serve un sussulto di umanità.

La gestione delle migrazioni richiede lungimiranza, visione e responsabilità. Limitarsi a misure di contenimento, costose in termini economici e di vite umane, non è la soluzione».