Decine di donne sono state abusate dall’esercito birmano e da milizie alleate in un monastero del distretto di Indaw.
Questi crimini brutali sarebbero cominciati lo scorso 26 agosto, quando i militari della giunta golpista e i soldati dell’Esercito delle Nazionalità Shanni hanno attaccato l’area e imprigionato almeno 800 civili nel sito buddista.
Mentre scriviamo, a novembre, il giornalista Hein Htoo Zan riporta sulla testata Irrawaddy che ancora 140 persone sono rinchiuse nell’edificio e che gli stupri proseguono.
In questa parte della regione nordoccidentale di Sagaing si stanno scontrando da più di due mesi le forze golpiste (Tatmadaw) e quelle della resistenza alla giunta militare, che ha preso il potere con un colpo di Stato il primo febbraio 2021.
In questa zona, contro il famigerato Tatmadaw combattono in modo congiunto l’Esercito di Indipendenza Kachin, il Fronte Democratico degli Studenti di Tutta la Birmania e le Forze di Difesa Popolare.
Questa resistenza armata sostiene il Governo di Unità Nazionale in esilio, formato da parlamentari dell’Esecutivo eletto legittimamente nel novembre 2019.
Indaw si trova in una posizione strategica al confine con lo Stato Kachin della federazione del Myanmar.
Più di 20mila persone sono state costrette a scappare.
Secondo testimoni locali, ogni notte i soldati che assediano il monastero aggrediscono le donne, persino davanti ai familiari.
Mentre avvengono queste atrocità, il capo della giunta militare Min Aung Hlaing si è recato per la prima volta in Cina per partecipare al summit della Subregione del Mekong e per incontrare il premier Li Qiang.
Si teme che Pechino voglia porre fine alla guerra civile, ma legittimando i generali che hanno preso il potere con la forza.
Dopo una faticosa transizione democratica, guidata da Aung San Suu Kyi tuttora agli arresti, e la devastazione provocata dai militari, il Myanmar tornerebbe indietro di 70 anni.
All’Onu siede un rappresentante del governo legittimo, ma sembra più solo che mai.