Myanmar: cardinal Bo ai militari: “rilasciate i prigionieri, non si sparga più sangue”

Dopo il golpe militare, il cardinale: "Cara Aung San Suu Kyi sarai sempre la voce della nostra gente"

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Dopo il golpe dei militari in Myanmar, si moltiplicano gli episodi di disobbedienza civile. A veicolarli sono i social, che pure hanno registrato in queste ore dei black out.

In prima linea i medici e operatori sanitari dell’ospedale di Yangon, ma anche professionisti e cittadini che sono scesi in piazza al grido di «Viva madre Suu», la leader della Lega Nazionale per la Democrazia (LND), nuovamente messa agli arresti domiciliari.

Il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, presidente della Conferenza episcopale cattolica del Myanmar e della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (FABC) all’indomani del colpo di Stato ha diffuso un lungo messaggio, divulgato dall’agenzia Fides, in cui si legge:

«I rappresentanti eletti del nostro popolo che appartengono alla Lega Nazionale per la Democrazia sono agli arresti. Così molti scrittori, attivisti e giovani. Vi esorto a rispettare i loro diritti e a rilasciarli al più presto. Non sono prigionieri di guerra; sono prigionieri di un processo democratico. Promettete la democrazia: essa inizia con il loro rilascio».

Il cardinale che era rimasto isolato per alcuni giorni nello stato Kachin dove era in visita pastorale, solidarizza «con i sentimenti di milioni di persone in questo momento» e si rivolge ai concittadini, al Tatmadaw (le forze armate) e alla comunità internazionale: «Attraversiamo uno dei periodi più difficili della nostra storia. Scrivo con amore verso tutti, cercando una soluzione duratura, pregando per la fine dell’oscurità che avvolge la nostra cara nazione».

Il cardinale Bo invita il popolo birmano alla calma e a non cedere alla violenza. «Non si sparga più sangue in questa terra. Anche in questo momento così impegnativo, credo che la pace sia l’unica via, che la pace sia possibile. Ci sono sempre modi non violenti per esprimere le nostre proteste.

Non diamo spazio all’odio in questo momento in cui lottiamo per la dignità e la verità. Che tutti i leader della comunità e i leader religiosi preghino e animino le comunità per una risposta pacifica a questi eventi. Pregate per tutti, pregate per tutto, evitando le occasioni di provocazione», con una speciale raccomandazione ai «coraggiosi operatori sanitari di non abbandonare la gente bisognosa in questo momento».

Ai militari del Tatmadaw dice: «Il mondo ha reagito con shock e amarezza a quanto accaduto. Quando, nel 2015, un passaggio pacifico al governo eletto è stato effettuato dall’esercito, avete conquistato l’ammirazione del mondo. Oggi il mondo cerca di capire cosa sia andato storto negli anni successivi… Abbiamo visto così tanto dolore nei conflitti in 70 anni di spargimento di sangue. Avete promesso pace e vera democrazia. La democrazia era il filo di speranza per risolvere i problemi di questo Paese. Questa volta in milioni hanno votato per la democrazia. La nostra gente crede nel trasferimento pacifico del potere. Ora Tatmadaw lo ha ripreso unilateralmente. Le accuse di irregolarità di voto avrebbero potuto essere risolte attraverso il dialogo, alla presenza di osservatori neutrali. Si è persa una grande opportunità. Molti leader del mondo hanno condannato e condanneranno questa mossa scioccante».

Il messaggio del cardinale prosegue: «Ora promettete una maggiore democrazia, dopo indagini e altre elezioni. La gente del Myanmar è stanca di promesse vuote. Come guadagnerete la fiducia della nostra gente? Si fideranno solo quando le parole saranno accompagnate da azioni sincere» esortando i militari a “prendersi cura della popolazione».

Poi l’arcivescovo di Yangon si rivolge alla leader Aung San Suu Kyi e ai componenti del suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia: «Siete in questa situazione difficile nella vostra lotta infinita per portare la democrazia in questa nazione. La svolta inaspettata degli eventi vi ha resi prigionieri».

E dice ancora «Cara Aung San Suu Kyi hai sacrificato la tua vita per il nostro popolo. Sarai sempre la voce della nostra gente. Questi sono giorni dolorosi. Hai conosciuto l’oscurità, hai conosciuto la luce in questa nazione. La verità prevarrà. Dio è l’ultimo arbitro della verità… In questo momento offro la mia personale solidarietà per la tua situazione e prego che tu possa camminare ancora una volta in mezzo alla tua gente, sollevando il loro spirito».

Infine il cardinale si rivolge alla comunità internazionale, esprimendo gratitudine a quanti si interessano del Myanmar in questo momento.

«La comunità internazionale deve confrontarsi con la realtà, comprendendo bene la storia e l’economia politica del Myanmar. Le sanzioni rischiano di far crollare l’economia, gettando milioni di persone nella povertà» e ribadisce che «la pace è l’unica strada e la democrazia è l’unica luce su quel percorso».