«Il nostro sogno è quello di realizzare presto una fattoria didattica dove insegnare ai ragazzi come produrre il caffè, l’aloe o altre piante medicinali da vendere in un qualunque mercato, come organizzare un pollaio, come coltivare un orto o fare lavori di falegnameria».
A dirlo sono i francescani cappuccini del Mozambico.
Il terreno lo hanno già trovato: è un appezzamento a dieci chilometri dal centro di Maputo, la capitale. Due mesi per le pratiche riguardanti il progetto ed un anno di lavoro.
«Ma se Dio vuole nell’estate del 2023 i ragazzi avranno nel loro arco una freccia in più per affrontare la vita con successo», ci racconta fra Luca Santato, da sei anni in missione nel Paese africano.
Sono passati oramai 30 anni dalla conclusione della guerra in Mozambico e dalla firma degli storici accordi di pace a Trastevere, presso la Comunità di Sant’Egidio.
Possono sembrare tanti, ma il frutto amaro di quella guerra è ancora presente in gran parte della popolazione mozambicana.
«Oltre ai tanti morti e ai rifugiati, la guerra civile ha provocato la distruzione del sistema scolastico ed educativo del Paese – racconta il francescano fra Luca.
Un’ampia fascia di trentenni e quarantenni, che non ha avuto modo di studiare durante la guerra, vive enormi problemi sociali e culturali, non conosce il portoghese ed è costretta a vivere nei villaggi, dove si parlano solo lingue locali e dove sono obbligati a crescere anche i loro figli».
Degli scontri che si sono riaccesi dal 2017 nella provincia più settentrionale del Mozambico, quella di Cabo Delgado – la più ricca di idrocarburi di tutto il Paese, dove Exxon Mobil, Total ed ENI sfruttano i giacimenti di gas al largo della costa -, qui al Sud arriva un’eco lontana.
Si sa che le armi di Ansar al-sunna al-Shabaab, il gruppo jihadista “difensore della tradizione”, periodicamente fanno sentire il loro triste suono.
Ma a 3500 chilometri di distanza il rumore si confonde con quello dei conflitti tribali che da lungo tempo dividono la maggioranza kimwani e amakhuwa dalla minoranza Makonde, e non si riesce a distinguere il vero dal falso.
Nondimeno, secondo la Conferenza Episcopale del Mozambico, sono già 730mila i profughi che hanno lasciato la regione.
«I cristiani in Mozambico sono 15 milioni, la metà di tutta la popolazione del Paese, e posso testimoniare che i rapporti con i musulmani sono buoni, mai sono stato discriminato e mai mi sono sentito a disagio per la mia tonaca», racconta Fra Luca.
La Custodia dei Frati Minori Cappuccini del Mozambico conta sei fraternità: Maputo, dove vive fra Luca, Mocuba, Morrumbala, Quelimane, Milange e Palma, la maggior parte localizzate nella grande regione della Zambezia, l’enorme pianura costiera che circonda lo Zambesi; in tutto 23 frati di voti perpetui e 45 ancora in formazione.
«Il contatto con povertà veramente difficili da descrivere ci fa sentire, spesso, impotenti ed inadeguati, ma facciamo di tutto per dare una mano, stare vicini o magari soltanto ascoltare le difficoltà della gente che, incredibilmente, ha sempre un atteggiamento positivo nei confronti della vita».
«Come tante altre nazioni africane, il Mozambico vive ancora un generale problema di sviluppo – spiega ancora fra Luca -, in particolare non si sa come sfruttare le risorse del sottosuolo per sviluppare l’economia, oppure come approfittare della grande disponibilità di acqua per migliorare l’agricoltura, o incrementare la produzione di energia.
Altre difficoltà derivano da una rete stradale insufficiente a favorire il commercio, e da sistemi scolastici e sanitari ancora troppo arretrati».
In alcuni villaggi i cappuccini hanno costruito delle scuole; in altri offrono dei terreni in usufrutto alle varie comunità perché siano coltivati, spesso a riso e patate, dalle famiglie più povere; a Milange, da ormai 20 anni, gestiscono un istituto agrario frequentato da oltre 700 alunni;
a Quelimane, il capoluogo della Zambesia, una libreria ed una mensa per poveri che ogni sabato distribuisce il cibo a circa 500 persone; due gli orfanotrofi, uno a Milange e l’altro ancora a Quelimane, che insieme ospitano un’ottantina di bambini.