Mozambico: a 30 anni dagli accordi pace è ora il terrorismo a far paura

Facebooktwitterlinkedinmail

Era il 4 ottobre 1992 quando Joaquim Chissano, presidente mozambicano e segretario del FreLiMo, e Afonso Dhlakama, leader della ReNaMo, firmarono un Accordo Generale di Pace che metteva fine a 16 anni di guerra civile.

Con un milione di morti e oltre quattro milioni di profughi, fu una devastazione totale per il Paese.

L’incontro storico a Roma concludeva un lungo processo negoziale portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio.

Nella sede della Comunità in Trastevere, erano presenti Andrea Riccardi, Matteo Zuppi, oggi cardinale e presidente della Cei, Jaime Gonçalves, arcivescovo di Beira, scomparso nel 2016, insieme a Mario Raffaelli, rappresentante del governo italiano.

Boutros-Ghali (allora segretario generale dell’Onu) parlò di “formula italiana” per congratularsi per il traguardo raggiunto.

In effetti si trattava di una pace ottenuta con un metodo fino ad allora inesplorato.

Il cardinale Zuppi durante una sua recente visita a Maputo, ha ricordato l’evento con queste parole,: «Per la Comunità di Sant’Egidio le sofferenze del popolo del Mozambico non erano sofferenze verso cui restare indifferenti.

Conoscendo la realtà e i problemi del paese è cominciata una storia di relazioni e di incontri…da allora nacque in noi la convinzione che la pace è sempre possibile ed è nelle mani di ciascuno».

A 30 anni dagli Accordi di Roma, oggi la minaccia per questo paese è di un genere molto diverso: attacchi terroristici di matrice jihadista, hanno già provocato oltre 900mila sfollati nel Nord del Paese.

E l’imprevedibilità di questi attacchi feroci lasciano disarmato anche il mondo missionario che lo scorso 6 settembre ha subito una perdita enorme: quella di suor Maria De Coppi, comboniana, uccisa dal fuoco dei terroristi penetrati fino a Chipene, molto più a sud di Cabo Delgado.

(Foto di Chipene, crediti CMD di Pordenone).