Al via a Roma l’incontro di Missio Giovani “Un cuore che arde” sul tema del rilancio dell’animazione missionaria, “da protagonisti”.
Il fil rouge di questa prima giornata è la ricerca di una ‘centratura‘ e di uno stile missionario da parte dei giovani, spronati a partecipare a pieno titolo alla vita di una Chiesa in movimento.
“Missione è valorizzare il qui ed ora del dove si vive”, ha detto don Roberto Ferranti, direttore del Centro missionario diocesano di Brescia, tra i relatori di oggi.
“Non possiamo pensare di fare animazione missionaria senza pensare di voler bene alla Chiesa nella quale viviamo”.
Valorizzare il contesto, dunque, e scegliere di essere attivi all’interno del cammino di Chiesa comunitaria, è un presupposto imprescindibile.
La chiave è “mettersi in gioco”, ha suggerito in apertura dei lavori, la neo-eletta segretaria di Missio Giovani Elisabetta Vitali, e non rinunciare ad essere “noi i protagonisti della missione”.
Come farlo, concretamente?
“Il regolamento di Missio Giovani prevede la figura del responsabile diocesano per i giovani dei Cmd, ed è importante che ci sia una persona tra voi che stia lì e partecipi alla vita missionaria giovanile come una sentinella.
Allora ragazzi, proponetevi in questo ruolo!”
E ancora, ha esortato Elisabetta:
“non abbiate paura di iniziare ad essere voi i protagonisti della missione!”.
Nella sua testimonianza Beatrice Maccagnola, dell’equipe missionaria di Brescia ha suggerito:
“Se dobbiamo parlare di Dio ai giovani, non possiamo non raccontarlo attraverso la nostra vita.
Raccontare la bellezza di Dio e la bellezza di essere Chiesa, una volta tornati a casa dalla missione” resta qualcosa di imprescindibile.
“Padre Mario Borzaga diceva che noi missionari siamo fatti così: il partire è una normalità, andare una necessità. Domani le strade saranno le nostre case – ha ricordato il vicedirettore del Cmd di Brescia Andrea Burato –
Dall’incontro con l’altro io posso crescere e a mia volta essere testimone”.
Andrea ha raccontato della sua esperienza missionaria in Perù, a 20 anni e poi quella in Uruguay.
“L’esperienza mi ha fregato perché il contatto con l’estrema povertà delle Ande peruviane mi ha scardinato dentro”, ha detto Andrea.
“Ho cominciato a mettermi in cammino e poi ho fatto una scelta di vita”.
Il suggerimento che i relatori ha dato ai ragazzi giunti da molte diocesi del Sud e nord Italia è quello di non stare fermi, di essere se necessario persino scomodi.
Di “sentirsi coinvolti, rompere le scatole ai direttori dei Cmd, raccontare quello che vivete, non restare ai margini della vita ecclesiastica”.