«Resta esclusa dalla protezione europea, e di fatto bloccata in Ucraina, una parte molto consistente dei circa 5 milioni di stranieri presenti nel Paese (dato Onu, 2020): lavoratori, studenti, richiedenti asilo e altre categorie di migranti a breve termine».
Ad evidenziarlo è il Centro Studi e Ricerche IDOS in un comunicato, che spiega come questa politica sia stata adottata dall’Ue per «cercare di superare le resistenze interne soprattutto del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria)».
Il Consiglio Giustizia e Affari Interni del 3 marzo scorso è riuscito a trovare un compromesso sulla protezione temporanea, ma «ha lasciato agli Stati membri la libertà di scegliere se applicare la Direttiva o le normative nazionali in materia di protezione, ma ha limitato il diritto alla protezione temporanea alle sole persone “stabilmente residenti” in Ucraina».
Per tutti gli altri, le uniche «flebili possibilità di sfuggire al rischio concreto di morire in guerra sono la richiesta di asilo, se e quando le guardie di frontiera ucraine e dei Paesi Ue confinanti ne autorizzino il transito, o il rimpatrio, la cui praticabilità è pressoché nulla».
A una settimana dallo scoppio della guerra in Ucraina, Paese di 44 milioni di abitanti, già 1 milione di profughi aveva attraversato i confini del Paese e il 15 marzo scorso il loro numero risultava salito a ben 3 milioni, di cui 162mila cittadini non ucraini (stima Unhcr su dati governativi).