Non è un gioco, è guerra. I bambini sono armati davvero e combattono, ormai anche tra loro. Non è un fenomeno nuovo neppure in America Latina.
Pur senza raggiungere le dimensioni registrare in Africa, nel Sud-Est asiatico e in Medio Oriente, a partire dagli anni Novanta i bambini soldato sono stati impiegati da gruppi armati in Colombia, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Messico (Chiapas), Nicaragua, Paraguay e Perù e per quanto riguarda il Messico nel Chiapas.
Ma è proprio il Messico, in particolare nello Stato di Guerrero, che nell’ultimo biennio il fenomeno ha assunto un ulteriore aspetto inquietante, quello di esser parte di una scelta sociale. Non sono più, infatti, solo i cartelli della droga a esserne responsabili, ma le stesse comunità locali.
All’inizio dello scorso anno hanno fatto il giro del mondo le immagini di ragazzi e bambini che marciano armati.
Indossano un’uniforme, quella della guardia indigena della popolazione dei Nahuas, nella zona interna dello Stato, un territorio da anni teatro ostaggio di gruppi criminali legati ai grandi cartelli del narcotraffico.
Né sono serviti gli appelli alle autorità reiterati per anni anche dalla Chiesa locale, segnatamente dal vescovo della diocesi di Chilpancingo-Chilapa, Salvador Rangel Mendoza, che negli anni precedenti aveva tentato anche una sorta di dialogo con i gruppi armati, per cercare di abbassare il livello della violenza contro i civili.
Situazioni di controllo criminale del territorio non sono certo estranee alla realtà di Paesi che si dichiarano democratici, si pensi alle mafie in Italia e non solo, e a favorirle sono analoghi comportamenti: assenza di fatto dello Stato, corruzione, complicità della politica e non raramente di esponenti delle forze dell’ordine.
Ma in questa regione messicana, cosiddetta della Montaña Baja, la condizione della poverissima popolazione, totalmente abbandonata, è andata ben oltre.
La località principale è Ayotzinapa, che acquistò drammatica fama quando il 26 settembre 2014 un centinaio di studenti della sua scuola rurale, su tre autobus che intendevano usare per una manifestazione a Città del Messico, furono attaccati a Igula dalla polizia locale: sei furono uccisi sul posto; 25 riportarono gravi ferite e 43 furono rapiti. Secondo le indagini della procura generale di Città del Messico, i ragazzi sequestrati furono consegnati al gruppo criminale dei Guerreros Unidos, che li trucidò e ne bruciò i corpi.
Ma su questa versione ufficiale, che implica mancata responsabilità delle autorità statali e federali, permangono dubbi.
(Questo articolo è contenuto nel dossier dedicato ai bambini soldato, nel numero di giugno di Popoli e Missione).