«E’ chiaro che noi missionari siamo tutti preoccupati e non si tratta di stare da una parte o dall’altra; la Chiesa africana prega indifferentemente per chi soffre e per chi entra in guerra. Si prega per la pace».
Dallo Zambia arriva la voce di padre Antonio Guarino, missionario comboniano, che ieri ha partecipato ad una cerimonia ufficiale a Lusaka, tenuta dal presidente dello Zambia, Hakainde Hichilema, il quale ha accolto le credenziali di cinque ambasciatori.
Tra i diplomatici era presente sua Eccellenza monsignor Gian Luca Perici, nunzio Apostolico in Malawi e Zambia.
«Nel suo discorso Hichilema ha enfatizzato il bisogno di vivere in un mondo pacificato, onde mantenere la stabilità politica ed economica in tutta Africa», dice padre Guarino.
Il Presidente ha fatto riferimento al conflitto di Gaza, ricordando i due pilastri che sostengono il suo Paese: pace, stabilità e sicurezza da un lato; solidità dell’economia dall’altro.
Le ripercussioni della crisi ucraina, e di quella più recente in Medio Oriente, si sentono e si sentiranno sempre di più in futuro sui Paesi più fragili del continente africano, ricordano i nostri missionari.
I governi africani sono politicamente divisi tra il sostegno esplicito ad Israele (come nel caso del Kenya, del Ghana e in parte dello Zambia), e quello ai palestinesi di Gaza, espresso dal presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa, e dall’Algeria.
«Il Kenya si affianca al resto del mondo in solidarietà con lo Stato di Israele e condanna inequivocabilmente il terrorismo», ha scritto il presidente del Kenya, William Ruto.
Tuttavia la Chiesa missionaria in Africa non accetta schieramenti di parte. Nè ricade nelle logiche di appartenenza ideologica.
«La guerra è guerra ovunque e ovunque distrugge, ci riporta a zero come umanità – dice suor Rita Zaninelli, missionaria in Mozambico, oggi a Verona – ma dobbiamo considerare questo conflitto israelo-palestinese in un contesto storico ben preciso, noi abbiamo delle comunità in terra Santa e sappiamo quanto si soffre».
«Io penso che come sempre le parole del Papa ci guidano – ha aggiunto – : la guerra non può essere risolta con altra la guerra».
Padre Gaspare Trasparano dalla Repubblica Democratica del Congo, come missionario e rappresentante delle Pontificie opere, parla di apprensione per la Terra Santa.
«Noi missionari europei in Congo – dice – seguiamo molto da vicino le evoluzioni della guerra in Terra santa, sebbene a livello ufficiale la Conferenza episcopale congolese non abbia ancora mandato messaggi ufficiali di solidarietà».
Padre Gaspare spiega che la notizia dell’escalation militare in Israele e Palestina, aperta da Hamas e proseguita con l’assedio di Gaza, tocca da vicino anche i pellegrini africani che in alcune parrocchie si preparavano a raggiungere la Terra Santa, ma che dovranno necessariamente rinunciare al loro viaggio.
«Ieri mi trovavo in una parrocchia locale (vicino Bukavu ndr.) e il parroco ha dovuto rinviare il pellegrinaggio previsto a fine mese: ecco anche loro quindi sono in preghiera, ma a livello ufficiale nulla è stato comunicato dai vescovi».
Poche ore fa il Parlamento europeo in plenaria ha dato l’ok ad una risoluzione di condanna dei «deprecabili» attacchi terroristici di Hamas. L’Eurocamera riconosce «il diritto di Israele di difendersi nel rispetto del diritto internazionale umanitario».
Dall’Italia padre Daniele Moschetti, comboniano a Castel Volturno parla di «adesione senza alcuna esitazione al digiuno e alla preghiera proposti dalla Chiesa italiana per la pace in Medio Oriente» ma anche di timore per le ripercussioni che questo conflitto avrà sul blocco dell’immigrazione.
«La sospensione di Shengen, sebbene temporanea, non è una buona notizia», dice padre Moschetti.
«Questa guerra in Terra Santa è ancora più potente e potrebbe diventare una ecatombe. L’influsso sarà sui migranti e sul blocco delle migrazioni», conclude.
(Foto, crediti Afp di proprietà Missio)