Ettore Marangi, francescano a Nairobi spiega la genesi del movimento

La protesta prosegue in Kenya, nel mirino le tasse ma anche il sistema bancario

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Il Presidente William Ruto ha fatto marcia indietro e non firmerà la Legge Finanziaria sotto accusa in Kenya.

Il popolo della protesta però, studenti universitari e classe media, non si fermano.

Dopo la pesante repressione di polizia dei giorni scorsi (Ruto ha annunciato la linea dura contro “violenza e anarchia”), i morti in strada sono saliti a 22.

L’assalto al Senato da parte di frange estreme del movimento (che resta tuttavia pacifico), è costato la vita ai più facinorosi.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si è detto “profondamente preoccupato” per la violenza “collegata alle proteste e alle manifestazioni di strada”.

La notizia di morti e feriti, “inclusi giornalisti e personale medico” è in cima alle priorità di Guterres, che invita il governo “a rispettare il diritto di manifestare pacificamente”.

“Quel che accade in Kenya è un fenomeno di una portata storica enorme: una rivolta popolare vastissima partita dalla classe media, fatta principalmente di giovani universitari arrabbiati e contrari alla Legge finanziaria insostenibile per il ceto medio e per i più poveri”.

A parlare con noi delle rivolte di Nairobi e di altre città, come Mombasa e Nyeri, è Fra’ Ettore Marangi, missionario francescano da anni nello slum poverissimo di Deep Sea.

“Non si tratta di una protesta del popolo delle baraccopoli – precisa – facilmente strumentalizzato dal potere”.

Ma in strada scendono “i giovani più istruiti che hanno preparato queste rivolte con tempo e meticolosità”.

Al momento dello scoppio della protesta (iniziata una settimana fa), Fra’ Ettore si trovava in Italia per dei controlli medici ed è ora in attesa di poter ripartire per il Kenya.

La repressione comunque non spaventa i ragazzi che in migliaia si stanno dando appuntamento per il 28 giugno al Delta Center Building di Nairobi, il quartier generale delle banche. Lo slogan in questo caso è “non siamo schiavi, power to the people”.

Questo fenomeno, dice, riguarda milioni di persone che usano molto bene le nuove tecnologie e i social media, che sanno di cosa parlano: “nonostante una deriva di manifestanti che hanno assaltato il Parlamento ieri, il movimento degli studenti è di base non violento”.

All’origine di tutto “c’è la finanziaria al vaglio del presidente William Ruto per la firma e appena approvata dal Parlamento, che ha preteso il rialzo del 16% dell’Iva sul pane e su altri beni di prima necessità, come gli assorbenti.

Addirittura si sono volute tassare le cure per il cancro”.

Aumenti ingiustificati e insostenibili almeno per il 15% della popolazione che vive con meno di due dollari al giorno, come accertano le statistiche.

Tutti questi elementi hanno fatto “esplodere il dissenso e scendere in piazza per la prima volta i ventenni, quelli che stanno finendo l’università, la generazione Z del Kenya”, conferma il missionario.

Sono giovani che usano i social network: “il loro movimento è raccontato attraverso Tik Tok e Twitter, spesso si tratta anche degli stessi figli della classe dirigente keniana”.

Fra Ettore conosce personalmente una decina di questi ragazzi oggi dietro le barricate e riceve costantemente messaggi da loro: “l’ultima notizia circolata sui canali social che ricevo riguarda una manifestazione in programma per dopodomani, 28 giugno, contro ‘il governo oppressivo e le banche’”.

Tuttavia, “non possono pensare di cambiare il destino del Kenya in 24 ore, l’ho detto a chi mi scrive.

Sono in contatto con molti di loro: gli stessi ragazzi che invitavo in baraccopoli a parlare di giustizia e pace e di temi sociali”.

Essendo un movimento vastissimo “non si può solo pretendere di reprimerlo o di ignorarlo”, afferma il missionario.

“Da questo momento in poi il livello della discussione politica sarà più elevato, deve salire.

Perché da qui non si torna più indietro”, è l’opinione di Marangi

Secondo il missionario c’è una forte somiglianza tra questo movimento (peraltro appoggiato dalle chiese cristiane evangeliche) e quello del Senegal che ha visto trionfare alle elezioni il candidato dell’opposizione Faye.

(Le foto sono state fornite da Ettore Marangi)