Lui è fra Luca Santato, un gigante di uomo, sorriso profondo e permanente, il suo dialetto è simpaticamente rodigino. Quarantaquattro anni fa infatti è nato a Badia Polesine e, dopo le scuole, ha vissuto l’esperienza formativa presso il Seminario dei Frati Cappuccini, con la professione perpetua nel 1999 e l’ordinazione a presbitero nel 2003. L’inizio del suo ministero è nella vita quotidiana della pastorale parrocchiale a Thiene, ad Adria e a Rovereto, per giungere per ultimo ad Asolo, presso il convento di Sant’Anna. Qui approfondisce gli studi, licenziandosi prima in Teologia pastorale presso la Facoltà teologica del Triveneto. Frequenta la scuola di formazione professionale dei Camilliani a Verona, ottenendo la licenza in Teologia pastorale sanitaria. Un bagaglio eccezionale che non distrae certamente fra Luca dal desiderio di vivere un’esperienza missionaria.
«Fin dal Seminario ascoltavo i racconti dei frati missionari e in me c’era sempre il desiderio di poter partire un giorno per la missione per poter annunciare il Vangelo alle genti e rispondere alle richieste dei più poveri». La spinta a scegliere la missione viene dagli input di papa Francesco a riguardo della Chiesa in uscita nelle periferie della società. «La mia domanda per la missione all’Ordine francescano porta la data del 2015: mi viene affidata la missione dei Frati minori cappuccini in Mozambico. Ho capito così con chiarezza che la mia esperienza di vita evangelica doveva legarsi alla vita missionaria. Il Signore mi ha indicato il Mozambico come terra dove annunciare il Vangelo».
Nel solco di una lunga storia
La Chiesa fin dagli albori dell’ad gentes annovera tantissimi frati che hanno scelto e vissuto in terra di missione. Ma ci sono alcuni seguaci del Poverello di Assisi del tutto singolari che hanno ispirato la vocazione missionaria di fra Luca: «Amo molto fra Marco d’Aviano, è diventato beato nel 2002. Un frate che ha saputo evangelizzare, in un contesto storico e politico molto difficile, tante zone dell’Europa centrale. Anche san Leopoldo Mandic, seppur fermo nel suo confessionale, ha saputo incontrare tante persone con la preoccupazione di annunciare la misericordia e l’amore di Dio Padre». Fra Luca sente che la storia missionaria del suo Ordine è di una ricchezza significativa, malgrado oggi stia vivendo un momento storico non facile. Mentre in alcuni continenti le vocazioni nascono in abbondanza, in Italia e in Europa invece si sta vivendo una crisi vocazionale. «E’ importante – spiega – che l’Ordine si chieda come può oggi evangelizzare, quali strumenti usare, quale figura di frate oggi si vuole proporre. Spero veramente che maturi un nuovo stile di evangelizzazione. Noi frati abbiamo infatti alcune peculiarità nel nostro carisma: i poveri, le case circondariali, il disagio sociale, il sacramento della riconciliazione e le missioni al popolo».
Dove l’altro è la mia missione
In questo giovane frate affiora forte un senso di appartenenza esemplare, ama i carismi che contraddistinguono l’Ordine francescano: «Vivo a Quelimane, capoluogo della Zambesia, è nel Centro-nord del Mozambico. Da quattro anni, sono superiore di un convento e rettore del Seminario propedeutico, condivido la mia vita giornaliera con quattro frati e 32 seminaristi. Insegno nel Seminario diocesano e quando posso aiuto negli orfanotrofi della città. L’esperienza del Seminario mi aiuta a scoprire la bellezza di condividere il cammino formativo vocazionale con alcuni ragazzi, capire le loro culture, il legame con la famiglia d’origine». Appena arrivato si sentiva molto impacciato, non conosceva la lingua locale, ma ha incontrato alcune dinamiche pastorali e umane veramente nuove, che gli hanno regalato momenti di grazia intensi. «Mi sono accorto che non devo preoccuparmi di dare, di progettare, di pensare: la vera esperienza che vivo è la preoccupazione di saper accogliere l’altro».
La crescita della Chiesa mozambicana
«La Chiesa mozambicana sta crescendo. L’esperienza che affronto nelle comunità dove alla domenica arrivo per celebrare è significativa: una quindicina di matrimoni, più di 60 battesimi e altrettante prime comunioni, e poi una richiesta dei sacramenti per iniziare una vita cristiana veramente forte. Non sono solo numeri… Il numero crescente di vocazioni femminili e maschili è sotto ai nostri occhi continuamente, con i giusti strumenti di discernimento aiutiamo ragazzi e ragazze per una scelta importante, una ricchezza per noi e per la Chiesa del Mozambico. Tutto ciò ha una vivacità pastorale non indifferente».
E’ una Chiesa che sta veramente crescendo, conscia delle sue difficoltà economiche, ma non rallenta il suo passo, il suo entusiasmo vivace è contagioso anche tra le fatiche di aiutare i sofferenti, i poveri e di raggiungere tutte le comunità che desiderano l’annuncio della Parola del Signore. «E’ vero, è una evangelizzazione che richiede molto tempo da parte dei missionari e dei religiosi e religiose locali. Ma non ci perdiamo d’animo, i segni di Dio li riconosciamo, è lui che ci attende in ogni situazione dove andiamo, la sua è un’aspettativa paterna che ci realizza e ci riempie».
Confida fra Luca che la visita di papa Francesco del settembre dello scorso anno è stata importantissima, ha dato una scossa forte al cammino della Chiesa mozambicana, toccando temi pastorali e sociali molto delicati. Ha impresso una nuova marcia, un’iniezione di fiducia nel popolo-chiesa mozambicana.
Pensando all’Italia: la missione è salutare
L’esperienza pastorale, nei primi anni di ministero, ha segnato il passo e lo sguardo di fra Luca, ma questo nuovo passaggio in terra mozambicana lo sta aiutando a rivedere con sana criticità il lavoro svolto. Infatti, riflettendo, mi comunica con sincerità: «Penso che la missione, oggi più che mai, è la possibilità di offrire alla Chiesa italiana ed europea la nostra vivacità ecclesiale, ricominciare dalla bellezza dell’incontro con l’altro, è l’occasione per percepire che approssimarsi all’altro, in qualsiasi situazione esso sia, è incontrare Gesù. Oggi forse in Italia tante volte manca il tempo di fermarci e ascoltare l’altro, e scoprire come Gesù e la Sua Parola sono presenti nella vita di quella persona, come la sua storia umana è abbracciata e amata dalla misericordia di Dio. Spero inoltre che la Chiesa non si lasci rubare proprio in questi tempi la fantasia, la bellezza e l’originalità dell’annuncio evangelico, un Vangelo antico ma sempre nuovo per me, per tutti».
Una quotidianità concreta e fraterna
«Un’esperienza particolare che ogni giorno mi dona allegria e felicità, e che nello stesso tempo mi pone tante domande, è l’incontro quotidiano con i piccoli orfani. Sono circa 200 i bambini e ragazzi che ospitiamo, alcuni anche ammalati gravemente, ma che sanno sempre offrirmi felicità e gioia di pregare, giocare e scherzare insieme». Fra Luca ci tiene a sottolineare che è importante parlare degli orfanotrofi e ci racconta quanto bene giunge dall’Italia per sostenere queste periferie così fragili.
Un’altra esperienza sono le celebrazioni nelle comunità rurali e nei villaggi della foresta: «Arrivare in quei posti dopo ore di automobile, incontrare tutta una comunità riunita, che aspetta anche da un anno di poter celebrare la messa e di ricevere l’Eucaristia, per me è una grande esperienza di fede e di testimonianza. Questo rappresenta per me il vero incontro con Gesù, dove queste persone povere, semplici e umili offrono il loro cuore e la loro vita perché Gesù possa trovare spazio in loro».
Rientrando in Italia per stare un po’ in famiglia, è una sorpresa continua per fra Luca. La gente è molto interessata ad ascoltarlo, a capire, a confrontarsi su tematiche aperte, c’è un desiderio profondo di conoscere e partecipare al bene che lì si fa. «E’ una sfida per la Chiesa – sottolinea fra Luca – incrementare questo desiderio di conoscenza e di apertura delle persone verso la realtà missionaria. Conoscere è un po’ mettersi in viaggio, apprendere è portare ancora più rispetto a chi ci è fratello lontano solo fisicamente ma così vicino grazie al tramite che noi possiamo essere».