Mentre alla COP29 di Baku (nella terra del petrolio e dei combustibili fossili), i lavori sul clima procedono tra accordi a margine e proteste di piazza, i nostri missionari esprimono preoccupazione e forniscono delle vie di uscita.
Gran parte del negoziato a Baku ruota attorno all’urgenza di nuovi fondi per la transizione ecologica: “la mitigazione e l’adattamento” al climate change.
Il focus è posto sulla “finanza climatica”, ossia su un “nuovo obiettivo finanziario per il clima”: quanto devolvere ai Paesi poveri che non possono permettersi una transizione verde?
Padre Dario Bossi, comboniano nella foresta amazzonica del Brasile mette in guardia dai rischi e suggerisce di non finanziare le lobby ma le piccole comunità locali e coloro che in prima persona lottano per il clima.
«Noi in Brasile – dice padre Dario a Popoli e Missione – crediamo fortemente che la storia climatica la si cambia a partire dai territori».
Non si può pensare di preservare il clima «finanziando le lobby di potere e i governi».
Per padre Dario sarebbe necessario «rafforzare il multilateralismo dei piccoli, delle comunità».
In linea con quanto afferma Papa Francesco, che alla Cop29 chiede una nuova architettura finanziaria e insiste sul condono del debito ai Paesi poveri, il comboniano afferma:
«Va finanziato un multilateralismo dal basso, quello cioè delle comunità indigene e afro-discendenti».
«Il Papa stesso lo ha anche scritto nella Laudate deum: la scommessa è il multilateralismo dal basso. Non quello dei ricchi».
La governance globale, secondo padre Dario, «è indebolita rispetto al potere e all’arroganza delle nazioni che vivono di sovranità autoreferenziale».
Con la scritta “Pay up!” (“Pagate!”), gli ambientalisti e gli attivisti accorsi a Baku stanno lanciando un messaggio ai Paesi ricchi per sollecitarli a rispettare gli accordi per il “loss and damage”, il Fondo ‘danni e perdite’, destinato ai Paesi in via di sviluppo.
Le lobby e i privati vanno in direzione esattamente opposta e a margine del vertice si stipulano accordi tra privati e si fanno pressioni sui governi affinchè limitino il loro impegno per l’energia pulita.
La multinazionale Ansaldo ha appena firmato un contratto per l’estensione della vita utile della centrale nucleare di Cernavoda, in Romania. E per la costruzione delle due nuove unità 3 e 4, sempre in Romania.
«Questa è l’ennesima prova dell’ipocrisia di un vertice internazionale dove anziché trovare un accordo per salvare il pianeta, si inseriscono interessi economici di aziende che vogliono fare business e lobby internazionali al soldo dei potenti», commenta con noi Filippo Ivardi, comboniano a Castel Volturno.
In questo senso «l’energia nucleare è una grande bufala – dice – : oltre ai tempi esorbitanti di costruzione delle centrali di fronte all’urgenza assoluta di frenare il rogo del pianeta, non è certamente indenne da rischi».
Sono almeno 1.773 i lobbisti del gas &oil presenti a Baku, mentre il governo dell’Arzeibajan usa l’occasione d’oro della presenza massiccia di imprese e governi per spingere sui combustibili fossili.
Il presidente azero Ilham Aliyev ha definito il gas e il petrolio di cui il Paese è ricco, una benedizione: «è un dono di Dio» ha detto ad avvio dei lavori.