Ai nostri giorni anche le persone più distratte sono al corrente del flusso migratorio che è in atto dall’emisfero Sud del pianeta verso i Paesi del benessere che, con le loro economie, sono come delle calamite che attraggono persone e famiglie intere, lasciando intravedere il miraggio di un futuro migliore per loro e per i loro figli.
Tutto ciò succede sia sulle rotte che dall’Africa conducono in Europa, sia su quelle che dall’America Latina portano verso gli Stati Uniti. Meno appariscente, ma reale e presente anch’esso sul quadro internazionale, è il flusso migratorio che dal Sud-est asiatico – per gli stessi motivi – muove verso l’Australia e la Nuova Zelanda.
Questo movimento di massa, che nasce nelle zone più povere del cosiddetto Terzo Mondo, con il tempo si è trovato alla mercé di una serie di malviventi che approfittando della situazione, sfruttano i migranti facendosi pagare cifre esorbitanti e creando campi di raccolta che non hanno nulla da invidiare ai famigerati campi di concentramento nazisti.
La comunità cristiana non può rimanere indifferente di fronte a questo dramma, l’accoglienza che viene loro offerta quando sbarcano sul suolo italiano deve essere corroborata da un sostegno spirituale a cui nessun credente può sottrarsi. Nelle celebrazioni eucaristiche in cui si ricordano “i poveri e i sofferenti”, deve inserirsi il dramma di questi nostri fratelli dando loro quel sostegno materiale e spirituale di cui hanno estremo bisogno.
D’altra parte, l’accoglienza generosa degli immigrati – come ha sottolineato più volte papa Francesco – dev’essere fatta «con la virtù della prudenza, perché un Paese deve saper accogliere tanti rifugiati quanti ne può integrare, educare, dare lavoro»: di fronte ad un problema così enorme nessuno deve tirarsi indietro. Occorre pertanto mettere in cantiere programmi di interventi umanitari tempestivi nella lotta contro i trafficanti di carne umana, che lucrano sulle sventure altrui e intrappolano i migranti nelle spire di organizzazioni criminali senza scrupoli. Anche papa Benedetto XVI, di fronte alle molte emergenze legate ai flussi migratori nel mondo, ricordava che «chi lascia la propria terra lo fa perché spera in un futuro migliore, ma lo fa anche perché si fida di Dio che guida i passi dell’uomo: come Abramo, così i migranti sono portatori di fede e di speranza nel mondo».