In Kenya il movimento di protesta giovanile (non una ribellione blanda ma molto motivata), si è trasformato e prosegue con lo slogan «Ruto must go» (Ruto, il presidente, se ne deve andare).
La protesta però si è spostata sulla piazza virtuale dei social non resiste in quella reale, poichè la reazione di William Ruto con il passare dei mesi si è incattivita.
Polizia ed esercito in piazza rispondono con manganelli e gas lacrimogeni; nel privato, andando a cercare a casa chi dice no, usando l’arma della detenzione extragiudiziale. Ossia: le sparizioni forzate.
È successo al fumettista keniano Kibet Bull, praticamente prelevato senza un’accusa e detenuto per settimane in carcere e poi rilasciato.
Ma i detenuti sono molti e di loro non si sa nulla finchè sono nelle mani dei servizi: vengono catturati, portati in luoghi nascosti, torturati, convinti con “le cattive” a smettere di opporsi al governo.
Il movimento di protesta comunque cresce, nonostante tutto: sui social si denuncia la corruzione e si fa un lavoro capillare di informazione alternativa.
Per rendere noti abusi di potere e azioni illegali.