Il Papa in Mozambico, tra tensioni interne e land grabbing

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«Dio consolidi la riconciliazione fraterna in Mozambico e in tutta l’Africa, per una speranza di pace solida e duratura». A pochi giorni dal suo arrivo nel Paese, per il sesto viaggio apostolico dell’anno (4-10 settembre), Papa Francesco si rivolge così al popolo mozambicano.

Mercoledì 4 alle 18.30 il Pontefice sarà all’aeroporto di Maputo e il giorno successivo incontrerà le autorità locali,  la società civile e il Corpo diplomatco,  cui seguirà l’abbraccio con i giovani di diverse religioni. Il 5 sera nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione, vedrà i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i catechisti.

Venerdì 6 settembre sarà la volta della visita ai malati nell’ospedale della periferia di Maputo, il quartiere di Zimpeto, dove S. Egidio lotta contro l’Aids da anni. La messa verrà celebrata nello Stadio della città, poi il Papa partirà per il Madagascar.

Non è un caso che,nel suo discorso in portoghese rivolto al popolo mozambicano, il pontefice nei giorni scorsi abbia usato le parole “consolidare” e “pace solida”.

Il bisogno di stabilità in Mozambico è infatti cruciale: indipendente dal 1975 ma subito lacerato dalla guerra civile, il Paese ha raggiunto un accordo di pace tra il Frelimo e la Renamo (i due fronti in lotta), solo nel 1992. Eppure da allora la conflittualità interna non si è mai placata.

Nei periodi cruciali della sua storia politica, come quelli che precedono le elezioni, torna ad accendersi la contrapposizione violenta tra il partito al governo, il Frelimo, e la Renamo.

E’ dal 1994 che la Renamo accusa il Frelimo di non consentire una competizione trasparente e minaccia ripercussioni.

Il voto per il rinnovo del Parlamento è previsto per il 15 ottobre di quest’anno, in attesa dell’appuntamento elettorale, il livello di scontro e tensione è di nuovo salito. Dalla fine della guerra in poi la rivalità è spesso degenerata in vero e proprio conflitto armato sebbene “a bassa intensità”, provocando vittime tra la popolazione civile.

Il Mozambico è un Paese tutto sommato meno in emergenza rispetto ad altri dell’Africa Subshariana come il Sudan o la Repubblica Democratica del Congo, eppure è afflitto da piaghe che lo rendono sofferente e a rischio.

Una di queste piaghe riguarda la costante minaccia di land grabbing sulle enormi distese di terra – la savana mozambicana- preda di multinazionali e progetti governativi che vorrebbero trasformarla in mega appezzamenti per le monocolture.

Da anni è in corso una lotta della società civile mozambicana, sostenuta dagli attivisti di Giappone e Brasile, per restituire  la terra  ai coltivatori locali, soprattutto nella zona centrale attorno a Nampula e Nacala. La campagna Nao Ao Prosavana mira proprio a mettere un freno al progetto denominato ProSavana che prevedeva in origine la trasformazione della savana in campi di soia ed altre colture estensive sul modello delle fazende brasiliane. Il progetto è per ora in stand by ma non archiviato.

La lotta è ancora in corso, anche perché nonostante le promesse di mettere un freno al land grabbing, il pericolo è sempre in agguato e gli investimento internazionali continuano ad essere consistenti.