Il Papa sarà nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan dal 31 gennaio al 5 febbraio prossimo, per il viaggio apostolico in Africa a lungo rimandato.
L’itinerario ricalca grosso modo quello già fissato a luglio scorso, ma tra le tappe del Congo manca quella di Goma, città di confine con il Ruanda, dolente capoluogo della provincia massacrata del Nord Kivu.
Proprio la zona attorno a Goma e l’intera regione nord-orientale del Paese, sono nel mirino dei gruppi armati ormai da anni, ma sempre più negli ultimi mesi.
La RDC e il Ruanda sono stati ad un passo da una guerra aperta questo mese, e solo un labile accordo di pace concordato a Luanda ha per ora scongiurato il conflitto. (clicca qui)
I ‘ribelli’ avanzano nell’entroterra, conquistando fette di territorio congolese, infiltrato ora dai ribelli legati ai ruandesi, ora da quelli protetti dall’Uganda.
Ce ne parla, al telefono proprio da Goma, il saveriano congolese padre Bacibone Deogratias:
«nella zona di Butembo-Beni imperversa l’ADF, gruppo armato collegato all’Uganda, mentre nella zona adiacente a Goma agisce il pericoloso M23 (23 Mars ndr.), legato al Ruanda», dice.
«Noi nella missione abbiamo accolto una cinquantina di sfollati e li teniamo qui con noi: scappano perchè rischiano la vita!
Arrivano dalle località vicine, tra Kibumba, capoluogo di Nyiragongo nel Nord Kivu, e da Rutshuru, dove i ribelli M23 stanno purtroppo avanzando», racconta.
«Al momento il conflitto con il Ruanda non è apertamente dichiarato; c’è stato un accordo di ‘cessate il fuoco’ firmato da governo congolese e da quello ruandese (Paul Kagame non si è presentato di persona all’incontro ndr.), che hanno fermato temporaneamente l’escalation», spiega.
Ma la tensione tra Ruanda e Congo prosegue ed è alta, «pochè si è accertato che dietro il gruppo armato M23 si nasconda la volontà di Paul Kagame, presidente del Ruanda.
Il riferimento del missionario è tra l’altro ad un report delle Nazioni Unite non ancora pubblicato ufficialmente, del quale si sono ottenute degli stralci divulgati da Al Jazeera, in cui si conferma il legame tra M23 e Ruanda. (Clicca qui per l’articolo)
Dietro questo conflitto e dietro quella che la Chiesa in Congo chiama “balcanizzazione’ da parte del Paese confinante, ci sarebbero motivazioni etniche legate alla mai sopita conflittualità tra Hutu e Tutsi.
«Kagame è di etnia Tutsi, molto protetto dall’Occidente poichè garante della pacificazione del Ruanda dopo il genocidio del 1994, quando le vittime furono i Tutsi, massacrati dagli Hutu – spiega il saveriano – I ribelli sono anch’essi di etnia Tutsi e si ritiene ormai che essi non potrebbero continuare a combattere se non fossero sostenuti e armati da Kagame».
L’attuale gruppo armato M23 è ciò che resta del Movimento formatosi nell’aprile del 2012, come ramificazione del National Congress for Defence of the People, CNDP.
Questo gruppo tra 2006 e 2009 proteggeva i congolesi Tutsi che parlavano ruandese, considerati discriminati, che si sono poi rifugiati nella regione dei Grandi Laghi.
L’M23 occupò Goma per dieci giorni nel 2012.
Oggi, il tentativo che si cerca di mettere in atto è quello di bloccare una possibile guerra tra eserciti, ben più grave di un conflitto tra esercito e ribelli, e di arginare il gruppo terroristico, ma la difficoltà sta nello svelamento delle responsabilità del Ruanda considerato quasi ‘intoccabile’ dall’Europa che ha sempre sostenuto Kagame.