Una riflessione sul dibattito in corso in Europa

Il nucleare è davvero una fonte d’energia pulita e ‘verde’?

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Il riacceso dibattito internazionale e sui mezzi di comunicazione in merito all’energia nucleare, appare in massima parte concentrato sui presunti vantaggi economici e i fautori di questa scelta sembrano trovare sempre più ascolto in aziende di vario tipo e in cittadinanze colpite dagli aumenti del costo dell’energia.

La lezione del passato sui disastri del nucleare civile, come le tragedie di Chernobyl e di Fukushima, sembra dimenticata.

Persino nell’Unione europea, da decenni in prima linea nella lotta al cambiamento climatico, all’inizio di quest’anno – prima cioè che la crisi nel Donbass degenerasse da guerra civile in guerra tout court con l’intervento russo e con il sostegno militare occidentale al governo di Kiev – la Commissione si era spinta a proporre di considerare quella nucleare come fonte di energia “verde”.

E non sono mancati assensi non solo tra i Paesi (11 su 26, a partire dalla Francia) che hanno centrali attive, ma anche in quelli finora contrari come l’Italia, dove il nucleare è stato bocciato in ben due referendum.

Tuttavia, quanti parlano di «centrali sicure di nuova generazione» non forniscono alcuna prova su tale presunta sicurezza.

Al tempo stesso, trascurano di ricordare che non esiste alcun modo di eliminare le scorie radioattive e che gli studi per l’uso di “combustibili atomici” diversi e meno pericolosi dell’uranio sono tutt’altro che conclusi e affidabili.

Ci si limita a citare, oltre alle questioni dei prezzi, studi come quelli dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica secondo i quali il nucleare risulterebbe la fonte di energia con il minor numero di morti per miliardo di chilowatt all’ora di energia prodotta.

Ma si dimentica di precisare che il paragone è fatto con le fonti fossili, petrolio e gas, e non con quelle rinnovabili, come l’eolica, la fotovoltaica, la geotermica e quella da biomasse.

Al più, dunque, un male minore nonostante la possibilità di un bene senza pericoli.

Inoltre la pubblica opinione, preoccupata del costo delle bollette, non sembra sufficientemente a conoscenza del fatto che tale “nuova generazione” di centrali nucleari. cioè non a fissione, come tutte quelle oggi esistenti, ma a fusione (una tecnologia ancora in fase sperimentale) non potrebbe essere operativa prima di almeno un quindicennio, mentre un impegno industriale e logistico per aumentare l’impiego di fonti rinnovabili e non inquinanti darebbe frutti in un periodo quasi immediato.

Lo scontro in atto in Ucraina sembra spingere a considerare solo i problemi immediati legati all’indisponibilità del gas russo per i Paesi che appoggiano il governo di Kiev.

Né il fatto che la guerra si sia pericolosamente avvicinata alle centrali nucleari in Ucraina costituisce più di tanto un monito a considerare la loro stessa esistenza come una minaccia sempre incombente.