«Il Niger è rimasto isolato in un momento difficile per mancanza di piogge, scarsi raccolti, fine degli aiuti internazionali e chiusura delle frontiere».
I mesi successivi al coup d’état che ha deposto il presidente Bazoum il 30 luglio scorso, sono stati e continuano ad essere duri e densi di incognite.
Il Paese è precipitato in una crisi economica peggiore della precedente: il motivo è che la Cedeao, la Comunità dei Paesi dell’Africa occidentale, per evitare l’estensione del conflitto nella regione (e ribadire la priorità della democrazia), ha messo un blocco alla giunta golpista, imponendo al Niger sanzioni economiche ed embargo. Le frontiere con diversi Paesi limitrofi sono chiuse.
«Nella nostra missione di Dosso ci stiamo impegnando ad aiutare le famiglie più disagiate che già vivono situazioni difficili – racconta padre Padre Rafael Casamayor, missionario SMA nella comunità di Dosso, diocesi di Niamey – Abbiamo deciso di aiutare nel modo più discreto possibile per non creare tensioni all’interno della comunità, come sembra essere successo in altri tempi.
«Saranno responsabili le quattro comunità di base della missione, che sono quelle che conoscono realmente la situazione delle famiglie più svantaggiate.
La nostra intenzione è quella di organizzare diverse distribuzioni secondo le nostre possibilità e gli eventi in questo tempo molto incerto».
La prassi delle sanzioni economiche modello europeo ha preso piede in Africa negli ultimi anni: si tratta di una sorta di punizione collettiva che però fa male alla gente del Paese sotto embargo più che ai potenti.
Banalmente in Niger manca la benzina, i prezzi del carburante salgono e senza benzina si può fare molto poco. Il prezzo degli alimenti aumenta e il mercato nero è l’unica alternativa.
La giunta militare ha definito ‘unfair’ la decisione dell’Ecowas di imporre sanzioni e ha stipulato un accordo con il Burkina Faso per poter consentire a 265 camion di entrare nel Paese e rifornirlo di beni primari.