Sempre più allo sbando, Haiti va alla deriva.
Il 5 febbraio scorso gli haitiani si sono riversati per le strade, con manifestazioni di protesta, chiedendo le dimissioni di Ariel Henry, primo ministro de facto, il cui mandato, iniziato nel luglio del 2021 (poco dopo l’omicidio del presidente Jovenel Moïse), avrebbe dovuto concludersi il 7 febbraio.
Il presidente della Repubblica Dominicana Luis Abinader ha lanciato un disperato grido di aiuto per salvare Haiti dall’ondata di violenza che ha come conseguenza la fuga di migliaia di persone nel territorio domenicano.
Abinader ha chiesto con urgenza che la comunità internazionale incrementi gli aiuti per Haiti e che si dispieghi una forza internazionale per contenere il caos generato da anni di crisi politica e sociale.
«A partire da settembre 2021 il nostro governo sta denunciando a diversi organismi delle Nazioni Unite, il continuo deterioramento delle condizioni sociali in Haiti.
Il risultato è che oggi Haiti, con gran parte del suo territorio controllato da bande criminali, ora si trova sull’orlo della guerra civile».
L’ONU ha reso noto che oltre 800 persone sono morte in gennaio a causa degli scontri tra bande criminali.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha avvertito che Haiti è tra le nazioni con che soffrono maggiormente la fame, e questo aumenta caos e violenza.
La frustrazione e il vuoto politico e l’insicurezza quotidiana stanno alimentando le proteste: circa la metà della popolazione (4,7 milioni di haitiani) soffre fame acuta e nella capitale circa 20mila persone vivono in condizioni carestia estrema.
Il 3 marzo scorso più di 3000 detenuti sono fuggiti dal carcere di Port-au-Prince, assaltato dalle bande armate.
Anche la polizia ha chiesto aiuto all’Onu. Haiti è davvero allo sbando.