«L’anniversario della nascita dell’Organizzazione dell’Unità Africana (Oua), fondata il 25 maggio 1963 ad Addis Abeba e divenuta dal 2002 Unione Africana (Ua), rappresenta l’occasione privilegiata per riflettere sull’importanza del nostro partenariato con un continente, quanto a dimensioni, tre volte l’Europa, valorizzandone la varietà, la ricchezza storica, artistica, culturale e politica».
Padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le Chiese, presenta così la Giornata per l’Africa, che si celebra oggi.
In questo contesto, il prossimo 11 giugno, a partire dalle 17.30, presso il monastero di San Gregorio al Celio, l’Ufficio diocesano propone una giornata di riflessione sul tema “Uno sguardo decolonizzato sul continente africano e la cooperazione”.
Al pomeriggio di studio interverranno il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo metropolita emerito di Agrigento; Chiara Castellani, medico cooperante in Africa; Luca Attanasio, giornalista geopolitico; Matteo Giusti, giornalista africanista.
Modererà Mario Zanotti, monaco camaldolese.
«Le frizioni Est-Ovest – riflette padre Albanese in un editoriale pubblicato oggi da Avvenire – hanno acutizzato, con declinazioni diverse, anche in Africa, la polarizzazione e le perturbazioni, portando all’inflazione, all’aumento dei tassi d’interesse, al rischio di recessione e al crescente aumento dell’esclusione sociale.
Sta di fatto che persistono le politiche predatorie da parte di potentati stranieri di vario genere. Oltre alle ex potenze coloniali, oggi esercitano un’azione invasiva gli interessi cinesi, russi, statunitensi, turchi, dei Paesi del Golfo.
Inoltre, pesano, sia la fragilità dei sistemi di governo locali, come anche la limitatezza di strumenti finanziari.
A questo riguardo gli analisti ritengono che lo sviluppo del continente africano debba passare attraverso l’apporto del credito internazionale, nonché di un’ampia politica di ristrutturazione dei debiti sovrani di interi Paesi”.
«Si tratta di temi importanti – aggiunge – che non possono prescindere dalla cosiddetta economia sommersa.
Ogni anno quasi 90 miliardi di dollari, equivalenti a poco meno del 4% del Pil africano, viene trafugato sotto forma di flussi finanziari illeciti, vale a dire movimenti illegali di denaro e beni attraverso le frontiere che risultano, alla prova dei fatti, illegali nella fonte, nel trasferimento o nell’uso del denaro.
Se a tutto ciò aggiungiamo i devastanti effetti del global warming, il continente rischia la marginalizzazione.
L’unico vero antidoto è rappresentato dalla sua capacità di creare un’effettiva sinergia tra i Paesi della Ua che, proprio quest’anno, celebra i suoi 60 anni dalla fondazione del suo predecessore, l’Oua».