Riportiamo di seguito l’articolo uscito sul numero di gennaio, scritto per far comprendere anche ai più piccoli cosa successe.
Il 27 gennaio è una data indimenticabile: quel giorno, infatti, nel 1945 fu finalmente liberato il campo di concentramento di Auschwitz, una delle tante e orribili strutture carcerarie create in Polonia, Germania, Austria, dai nazisti, dove venivano imprigionate centinaia di migliaia di persone, sottoposte a lavori forzati in condizioni disumane di sopravvivenza per poi essere uccise.
Ad Auschwitz, uno dei campi più grandi, morì oltre un milione di ebrei e di persone appartenenti a categorie della società ritenute “inutili o dannose” dal nazismo.
Per non dimenticare quest’orrore che la storia del secolo scorso ha riservato all’Europa e al mondo intero, il 27 gennaio di ogni anno viene celebrato il Giorno della Memoria.
Anche in Italia, per l’occasione, non mancano iniziative che ricordano l’abominevole persecuzione degli ebrei, ma anche i “Giusti”, cioè quelle persone che durante le persecuzioni naziste salvarono la vita anche ad un solo ebreo, agendo in modo eroico, a rischio della propria incolumità.
A Gerusalemme, allo Yad Vashem, il memoriale ufficiale di Israele delle vittime ebree dell’olocausto, c’è un grande giardino con migliaia di alberi che ricordano altrettanti “Giusti tra le nazioni”: dal 1962 una commissione speciale – dopo aver verificato documentazione e testimonianze che avvalorano il coraggio e il rischio di chi viene segnalato – conferisce il titolo di “Giusto tra le nazioni” a chi si è distinto come tale, consegnandogli un riconoscimento e il privilegio di vedere il proprio nome ai piedi di un albero piantato in sua memoria nel “Giardino dei Giusti” (nella tradizione ebraica, infatti, piantare un albero indica il desiderio di ricordo eterno per una persona cara).
Il numero dei “Giusti tra le nazioni” è in continuo aumento: ad oggi ne sono stati riconosciuti oltre 27mila, di 51 Paesi diversi del mondo; molti sono europei, visto che è proprio nel Vecchio Continente che il nazismo imperversò senza limitazioni, fino alla fine della Seconda guerra mondiale.
Anzi, ci furono Paesi che lo sostennero, come l’Italia fascista guidata dal dittatore Mussolini. Una parte della popolazione, però, si organizzò nella Resistenza, un movimento di schieramenti politici molto diversi tra loro, ma tutti contro la dittatura.
Tra chi si è ribellato al fascismo, c’è anche un gruppo di ragazzi e adolescenti lombardi, guidati da giovanissimi capi scout.
Si chiamano Aquile Randagie ed hanno tutti nomi in codice per non essere riconosciuti e imprigionati, vista la loro attività clandestina.
Da Milano raggiungono la Val Codera, sulle Alpi, e qui vivono lo scoutismo cattolico in mezzo alla natura, fedeli ai principi di libertà, autonomia, fraternità.
Da qui aiutano migliaia di persone a fuggire in Svizzera, obbligate a lasciare l’Italia perché ricercate dal fascismo, tra cui molti ebrei e perseguitati di ogni credo politico.
La storia di questi ragazzi scout è diventata anche un film dal titolo “Aquile Randagie”, diretto da Gianni Aureli.
I giovanissimi protagonisti testimoniano la voglia di lottare per un’Italia libera, pronti addirittura a morire per i propri ideali di libertà e democrazia. Un lungometraggio che ha moltissimo da insegnare ancora oggi: responsabilità, partecipazione politica, impegno per una società più giusta.