Filantropia e sanità pubblica, i rischi per i Paesi poveri

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Il passaggio della gestione della sanità internazionale dai governi ai ‘filantropi‘ modello Bill Gates, che finanziano programmi sanitari e dunque dettano le regole, sta uccidendo definitivamente la già debole sanità pubblica dei Paesi in via di Sviluppo.

Ce lo spiega Nicoletta Dentico, vicepresidente della Fondazione Finanza Etica, attivista e giornalista esperta di politiche sanitarie per la riforma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

L’ultima novità in campo filantropico?

«La medicalizzazione del cibo nel Sud del mondo – mette in guardia Dentico – che sta espandendo il terreno dalla sanità pura ai brevetti sul cibo: un espediente tecnologico e farmacologico».

Questo significa che anziché invogliare mamme e bambini nei Paesi poveri, a mangiare frutta e verdura locali, latte e cibo proteico, si inventa del cibo nutriente a tavolino e lo si inserisce tra le strategie di lotta alla povertà.

«Il cibo buono diventa così meno accessibile. Ma in realtà il cibo sano è una delle condizioni per evitare le malattie! Mentre l’agricoltura industriale uccide l’Africa».

Ma chi decide su cosa puntare a livello di politiche e strategie sanitarie di OMS? Sempre più le fondazioni filantropiche e i donatori privati, spiega Dentico. 

Di recente al Forum mondiale di Davos i proclami di lotta alla malaria hanno tenuto banco nel panel dedicato alla salute globale: la Fondazione Bill & Melinda Gates, in particolare, ha annunciato di volersi impegnare a sconfiggere del tutto la malattia.

Il trend, dicono i filantropi, è in calo grazie alla guerra privata contro il morbo: circa 216 milioni di persone al mondo nel 2017 hanno contratto la malaria, contro i 263 del 2010.

L’impegno dell’OMS, oramai colonizzata dai donatori privati, è sempre più orientato a programmi verticali: lotte mirate contro le singole malattie, che ricevono finanziamenti d’oro, dando molta visibilità ai filantropi che finanziano le campagne. Ma perché, se queste campagne dopo tutto funzionano, è così discutibile la loro efficacia? E soprattutto, che danno provocano i filantropi alle organizzazioni internazionali?

«Questo rinnovo di ondata filantropica contro la malaria non è altro che la prosecuzione di una battaglia classica di Gates – dice – E’ un impegno che lo vede senz’altro protagonista: ha richiamato tutti i grandi ricchi del mondo a collaborare con lui, in linea con un’egemonica presenza nel settore delle malattie infettive».

L’iniezione massiccia di soldi stanziati per singole lotte, depotenzia i sistemi sanitari pubblici nella loro globalità.

Come spiega Dentico: «Questa politica nel corso degli anni ha fatto sì che ci fosse molto finanziamento sul singolo intervento ma un insufficiente investimento sul personale sanitario, che è una delle fragilità dell’Africa.

Ci sono pochissimi medici, pochi infermieri, non c’è coordinamento tra il ministeri della salute e dell’educazione, non si fanno ricerca e formazione universitaria. Perché tutto questo non è considerato rilevante ai fini dei cosiddetti programmi verticali».

Per dirla in altri termini: è possibile che nel giro di dieci anni la morte per malaria si dimezzi, ma si continuerà a morire di parto o di dissenteria e rimarranno scoperti settori importanti di medicina di base e sanità pubblica che fanno la differenza tra un Paese sviluppato e uno impoverito fino all’osso.

In compenso partono battaglie a tappeto per vaccini, lotte ai virus e quant’altro: priorità stabilite in base a criteri del tutto soggettivi. I programmi verticali saranno anche efficaci, cool e mediatici, danno visibilità, ma non sono sostenibili e soprattutto non esauriscono i bisogni delle popolazioni povere.

«Queste spese sono state sottratte ad altri budget – denuncia Dentico – il punto è che nessuna patologia vive in isolamento».

I farmaci sono scarsi e costano; le multinazionali li producono brevettandoli per fare soldi: «Nonostante tutte le grandi partnership pubblico-privato messe in campo, non solo l’accesso ai farmaci è un problema sensibile ma lo è anche quello dei farmaci per i bambini».

«Rimane una questione cocente oggi tanto quanto lo era nel 1999, quando è scoppiata la bolla. Oggi stiamo per aprire un altro capitolo: l’accesso ai farmaci contro le malattie croniche nei Paesi in via di sviluppo, che a mio avviso sarà la vera guerra del futuro – dice Dentico – Inoltre Gates sta considerando seriamente di aprire una propria casa farmaceutica».

Ma come si è arrivati a questa aberrazione?

«I Paesi del Sud del mondo si sono ritrovati prima vittime delle politiche di aggiustamento strutturale da parte del Fondo Mondiale e Banca Mondiale, negli anni Novanta. Finita questa ondata sono esplose le pandemie e hanno preso il largo i filantropi. “Avete questi problemi?” dicevano.

“Bene, ve li risolviamo noi, ci mettiamo i soldi e vi diamo il business model”. Sistemi sanitari fragili si sono dovuti così ricostruire suddivisi per malattie, considerato l’unico modo per ottenere dei finanziamenti».

Se questa è la realtà, e lo vediamo anche nel Nord del mondo (tagli alla sanità e privatizzazione con l’espandersi della filantropia europea e della welfare society), è chiaro «che la politica lascia un vuoto, colmato da chi ha i soldi e favorisce la collaborazione tra multinazionali».

A prevelare è il criterio della medicalizzazione: una sanità che ha che fare col farmaco, con le medicine e pochissimo con la prevenzione o le cure naturali.

  • Articolo pubblicato sul numero di marzo di Popoli e Missione
  • Foto di Inhabitat.com