Si stringe sempre di più il cerchio dei ribelli attorno alla capitale Addis Abeba e al cuore dell’Etiopia. La guerra del Tigray (circoscritta finora alla regione indipendentista del Paese, fulcro della crisi scoppiata un anno fa al nord), si sta spostando al centro.
Quello che accade, come scrive al Jazeera, è che i “Tigrayan fighters” (i “ribelli” tigrini) e i loro alleati dell’Oromo Liberation Army (OLA) avanzano nella capitale. Mentre l’esercito per ritorsione rastrella i tigrini.
L’esercito etiopico da giorni continua ad arrestare, fuori dal Tigray, coloro che sono di etnia tigrina, compresi i missionari.
Sono 17 i salesiani rastrellati due giorni fa nella Visitatoria di Addis Abeba, tre di loro (di nazionalità indiana, italiana e sudamericana) sono stati liberati, come confermano fonti salesiane.
Una modalità che viene identificata come un vero e proprio “rastrellamento etnico”.
Questa è la dinamica della guerra uscita dagli argini, descritta così da diversi organi di stampa internazionali e denunciata dalle Nazioni Unite.
Ai missionari salesiani ancora nelle mani dell’esercito, si aggiungono «tre operatori della ong VIS: Alberto Livoni, Coordinatore Paese e due operatori dello staff locale, impegnati nel sostenere la popolazione etiope attraverso progetti di sviluppo e aiuto umanitario». Così conferma il Vis con un comunicato.
Inoltre sono nelle mani dell’esercito 72 autisti del PAM, 22 dei quali arrestati ad Addis Abeba, gli altri nella provincia di Afar.
Il timore, dicono fonti interne, è che, poichè nel Paese è in corso la legge marziale, i fermati possano essere accusati di alto tradimento.
Sono invece in salvo i missionari salesiani italiani e di altre nazionalità che operano al Bosco Children di Addis Abeba. Ma la tensione è altissima e non rilasciano alcuna dichiarazione pur avendoci dato conferma, tramite messaggi, di stare bene.
L’esercito etiope sta procedendo ormai da giorni nel ‘sequestro’ di chi, pur vivendo fuori dai confini del Tigray (come i missionari salesiani o gli impiegati del Programma Alimentare Mondiale), è di etnia tigrina.
L’Ethiopian Human Rights Commission (organo che lavora assieme alle Nazioni Unite per far luce sulle violazioni dei diritti umani e sui crimini contro l’umanità commessi da entrambe le parti), si è detta «preoccupata» per questi arresti di massa. Si tratta di una modalità che fa capo al “rastrellamento etnico”, delineando così una gravissima violazione del diritto internazionale.
Dunque la posizione del premier etiope di etnia Oromo, Abiy Ahmed si aggrava di giorno in giorno, mentre la crisi umanitaria rende sempre più complesso sciogliere il ginepraio di responsabilità e abusi commessi sia dai militari che dalle milizie armate tigrine.
Qualche giorno fa è stata pubblicata un’inchiesta congiunta firmata dalla Ethiopian Human Rights Commission (EHRC) e dall’Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR). Per leggerla in inglese clicca qui.
Si parla esplicitamente di torture, abusi (anche sui bambini con «lesioni fisiche, separazione dai genitori e violenza assistita»), uccisioni e stupri. E pertanto di “crimini contro l’umanità”.