Est Congo: don Davide di nuovo a Kitutu. Dopo un’Odissea tra M23, Wazalendo ed esercito

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In questo momento storico spostarsi da un luogo all’altro dell’est del Congo in guerra, in particolare da una città come Bukavu ad un villaggio remoto come Kitutu (sebbene non lontano dal capoluogo del Sud Kivu), è un’impresa altamente rischiosa.

Sono i giorni opachi e incerti della guerriglia, dell’occupazione armata (l’M23 ha conquistato prima Goma e poi è entrato a Bukavu), dell’avanzata filo-ruandese nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

Eppure chi vive nel Paese in guerra e ha necessità di muoversi da un punto all’altro assume su di sè il rischio del viaggio.

Come ha fatto don Davide Marcheselli, fidei donum a Kitutu, riuscito miracolosamente a far ritorno a casa.

Il missionario ha impiegato un tempo infinito tra gennaio e febbraio per tornare al villaggio, dalla capitale Kinshasa dove a gennaio si trovava con tre attivisti locali per impegni istituzionali.

«Venerdì 28 febbraio siamo finalmente riusciti ad arrivare a Kitutu, partendo da Bukavu – ci racconta al telefono – Proprio giovedì siamo partiti dal capoluogo del Sud Kivu prendendo un taxi fino a Kilungu, attraversando tutta la zona presidiata dall’M23».

Prima ancora c’era stata la parte di viaggio in aereo da Kinshasa. Nonostante la tensione e la paura il gruppetto è riuscito a superare tutti i posti di blocco.

«Sapevamo di essere nella zona occupata dall’M23 ma non abbiamo mai incontrato gli uomini della milizia armata – ci spiega – poi siamo entrati nella zona controllata dall’esercito e dai Wazalendo (la milizia locale auto-organizzata ndr.) e lì abbiamo trovato una serie di barriere e di posti di blocco».

«I wazalendo, quando mi riconoscevano come il prete bianco, chiedevano una somma di danaro e bastava che dessi loro 2mila franchi per passare». dice.

Un viaggio rischioso e pieno di ostacoli che era iniziato però ben due mesi fa.

Don Davide il 21 gennaio scorso si trovava infatti nella capitale congolese assieme a due attivisti locali per un’azione di denuncia dello sfruttamento delle miniere d’oro artigianali nella zona di Kitutu, Sud Kivu, prima che l’M23 entrasse a Goma. (Clicca qui)

Dopo l’occupazione di Goma (era il 28 gennaio scorso), per lui e i suoi colleghi inizia un’Odissea lunghissima, fatta di attese, viaggi frammentati, e dopo settimane finalmente di ingresso a Bukavu, al sud, dove però nel frattempo la milizia armata era arrivata occupando la città.

«Abbiamo dormito a Kamituga e il giorno dopo siamo arrivati a Kitutu: qui è tutto tranquillo ma non c’è connessione internet nè telefono», spiega ancora.

«Quando siamo entrati dietro di noi il mar Rosso si è richiuso: siamo passati ma poi hanno richiuso la strada e sono ripresi i combattimenti a Walungu e Burale e in una zona lungo la Route nationale numero 2. 

Vedremo come andrà a finire – dice – perchè questi combattimenti dicono che non c’è uno che prevalga sull’altro finora.

La distanza tra noi e la zona assediata è di 120-130 km ma siamo sulla stessa direttrice, sulla route nationale n. 2 e prima o poi il vincitore dovrà passare da queste parti…».

La vicenda del sacerdote di Bologna, a lieto fine, si inserisce nel dramma del popolo dell’Est, fatto di sofferenza, fuga, saccheggio e morte.

I morti in Congo ammontano almeno a 7mila persone finora e i rischi che si corrono a vivere sotto occupazione sono moltissimi.

«Domenica 16 febbraio è toccato alla città di Bukavu di passare sotto il controllo dei ribelli – ci racconta anche suor Delia Guadagnini, missionaria ad Uvira, ma in questo momento in Italia –

Il giorno prima della presa della città la popolazione aveva vissuto momenti di paura, incertezza ed angoscia.

Non c’era nessuna autorità locale – civile e militare – come punto di riferimento. Tutto il governo provinciale era già in fuga.

L’esercito congolese aveva lasciato la città, abbandonando sul posto le loro armi ed altro materiale militare che alcuni giovani delinquenti (gang) e bambini di strada avevano poi utilizzato, sparando qua e là e creando panico nella popolazione».

La sorte del popolo congolese è davvero molto incerta e a rischio:  «non passa notte a Bukavu che non si ritrovino tre-quattro cadaveri in strada – racconta una fonte della Chiesa locale all’agenzia Fides – Dei corpi affiorano dal lago».

«I banditi di quartiere operano ancora, ma normalmente non uccidono….

I piccoli o grandi furti sono tentati da questi banditi, ma il grande saccheggio lo fa impunemente l’M23 e i loro alleati: una banca svuotata, tre depositi di cassiterite saccheggiati», sempre la fonte locale a Fides.