Dopo il golpe in Niger una cosa è chiara: “la Francia non è più la benvenuta”

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Se c’è un perdente conclamato nel Sahel, in questi giorni concitati di crisi e di golpe, è di certo la Francia di Macron.

Dopo il Mali nel 2020 e il Burkina Faso nel 2022, è infatti il Niger il terzo Paese ad aver respinto decisamente la presenza militare francese nel Sahel.

Niamey oggi dimostra (per il tramite del Colpo di Stato il cui esito non è ancora del tutto chiaro) che i popoli soggiogati da Parigi in Africa, sono stanchi dell’ingerenza neocoloniale francese.

A 15 giorni esatti dal ‘Coup’ dei militari nigerini ai danni del presidente Bazoum, è questa la conclusione più evidente alla quale si giunge, al di là di chi, tra i leader golpisti, gestirà il potere nelle prossime settimane e nei mesi a venire.

“Comunque sia – ci dice da Niamey padre Mauro Armanino – è finita per i militari francesi…ieri in migliaia erano presso il loro
campo militare”.

Il riferimento è alla manifestazione di massa dell’11 agosto scorso: migliaia di nigerini (certamente non l’intera cittadinanza ma una buona fetta) hanno inveito contro la presenza militare di Parigi a Niamey, mostrando forte insofferenza nei confronti degli ex colonizzatori.

Mentre l’Ecowas, la Comunità Economica dell’Africa Occidentale, ricalendarizza la riunione dei suoi vertici (è stato annullato il meeting previsto per l’11 agosto), sfuma fortunatamente il timore di un attacco armato contro la giunta militare golpista attualmente al potere a Niamey.

Qualche giorno fa padre Armanino stesso ci aveva confermato via mail che “nulla sarebbe accaduto nel Paese” dal punto di vista dell’aggressione militare esterna.

E col passare dei giorni si rafforza la tesi secondo la quale, più che una manovra russa contro l’Europa, questo golpe è frutto di una reazione endogena contro una Presidenza – quella di Bazoum – pilotata e protetta da Parigi.

È l’opinione condivisa da diversi analisti e riportata dai giornali francofoni africani e dalla stampa francese tra cui France info.

“La Francia continua a voler essere presente militarmente in Niger, nonostante non sia più la benvenuta per una parte della popolazione”, scrive su France Info Remi Carayol, giornalista e autore del saggio “il miraggio saheliano: la Francia in guerra in Africa”.

Anche il sito della Bbc si chiede in un articolo se “la Francia non sia responsabile della instabilità dell’Africa Occidentale” e il quotidiano online la Croix titola: “il dispositivo militare francese più fragile che mai”.

Il quotidiano Le Monde riportava stamani una lunga analisi sulla ipotesi di dipartita del contingente francese: la giunta chiede che i 1500 militari francesi che ancora sono presenti nel Paese lascino la base. Qui l’articolo

Cosa accadrà nelle prossime settimane dal punto di vista della cessione del potere ancora non è chiaro, il presidente deposto Bazoum è ancora recluso in casa e non ha dato le dimissioni.

Ma è probabile che il Niger segua la sorte dei suoi due vicini saheliani, Mali e Burkina, avviandosi verso una transizione militare in attesa di nuove elezioni.

In attesa di ulteriori sviluppi ‘politici’ la vita scorre più o meno come sempre a Niamey.

Per dirla con le parole di Mauro Armanino:

“Si affermano due costanti che a prima vista potrebbero sembrare fuori posto visto il contesto.

La prima è quella delle rituali piogge di agosto che cadono, regolarmente e apparentemente senza fare differenze di sorta tra un regime e l’altro, nella capitale e in campagna.

“La seconda realtà è quella dei pulitori di strade dalla sabbia che, caparbia come solo lei sa essere, occupa, invade, decora, delimita e interroga le strade della capitale”.