Le notizie divulgate dal regime siriano, circa il rientro di 40mila profughi nella Ghouta orientale, “liberata” della presenza jihadista, «non sono vere», dice il Syrian Observatory for Human Rights, Osservatorio indipendente siriano, con sede a Londra.
E’ vero piuttosto che quest’area, tornata nelle mani di Damasco dopo due mesi di bombardamenti governativi intensi, rimasta sotto embargo per oltre 5 anni, è stata evacuata, dopo che il maggior gruppo ribelle della zona ha raggiunto un accordo con i militari russi.
Anche gli ultimi gruppi jihadisti hanno così lasciato libero il campo, mentre Assad ha potuto raggiungere l’obiettivo della riconquista territoriale a scapito di migliaia di civili, rimasti in trappola e morti sotto le bombe o in conseguenza della fame e dell’embargo.
Il resto della popolazione siriana fuggita mesi fa dalla Ghouta, scrive l’Osservatorio, rimane ancora nelle città di Kafr Batna, Ein Tarma, Saqba e Harasta «controllate» dai militari del regime.
La strategia di Assad e alleati (l’aviazione aerea russa ha proseguito senza sosta i suoi attacchi dall’alto su Ghouta e adesso sposta il tiro a Nord-est di Damasco), era chiara fin dall’inizio: mettere le zone assediate alle strette; Non accettare tregue, né corridoi umanitari, nè tantomeno aiuti per i civili, ma bombardare a tappeto case, ospedali, rifugi, per costringere i ribelli alla resa e sedere così ai tavoli ‘diplomatici’ con un maggior potere negoziale in mano.
L’obiettivo era ed è quello di ‘vincere’ la guerra che va avanti dal 2011.
Nel frattempo, domani, ad Ankara vertice a tre tra Iran, Turchia e Russia, i cui leader un tempo rivali si sono ricompattati in occasione della guerra siriana.
E’ il secondo summit tripartito per decidere le sorti territoriali del tormentato Paese mediorientale: in effetti tutti questi mesi di bombardamenti, assedi, combattimenti e difesa del regime di Assad, sono serviti a Iraniani, turchi e russi per potersi spartire la torta siriana, a danno di una popolazione inerme, che ne esce distrutta e dimezzata.
Sul campo, terminato l’assedio infinito della Ghouta (il bilancio dei morti non si conta ma certamente è di centinaia di persone tra le più vulnerabili) si segnala in queste ore l’intensificarsi dei bombardamenti sulle campagne delle provincie di Idlib e Hama.
Segno che, riconquistato il quartiere orientale con Douma, il regime di Damasco non si ferma: vuole tornare in possesso di tutte le zone ancora controllate dai ribelli.
Da Douma city ieri sono partiti alcuni convogli di persone sui bus per raggiungere le aree di Al-Bab and Jarabulus a nord-est di Aleppo, ma ancora non sono giunte a destinazione.
Il convoglio, dice sempre l’Osservatorio siriano, comprende 21 bus con 1150 persone, tra le quali i combattenti e le famiglie siriane, con oltre 700 bambini e donne, molti dei quali avrebbero però rifiutato l’accordo stipulato tra i ribelli di Jaysh Al-Islam e le forze combattenti russe.
Amnesty International scriveva sul suo sito a marzo scorso:
«L’escalation della campagna di bombardamenti nella Ghouta orientale, da parte delle forze governative siriane e di quelle russe loro alleate, ha causato nell’ultimo mese decine e decine di morti e centinaia di feriti.
La popolazione è sotto un crudele assedio da sei anni. Ora è anche intrappolata sotto intensi bombardamenti quotidiani che hanno lo scopo di uccidere e ferire civili. I bambini e gli anziani muoiono di malnutrizione e mancanza di farmaci. Questi attacchi costituiscono evidenti crimini di guerra e devono essere fermati. Gli aiuti umanitari devono poter entrare nella Ghouta orientale».
Il giornalista Riccardo Cristiano scrive su Formiche.it, riportando le parole di Papa Francesco sulla Siria:
«Dunque possiamo escludere che il papa abbia usato la parola ‘sterminio’ per un generico riferimento all’alto numero dei morti, ma l’ha usata a Pasqua dopo aver detto pochi giorni prima che l’assurda logica dello sterminio, dopo le tragedie del ventesimo secolo, non è ancora stata abbandonata».
Siamo dunque all’essenza della tragedia siriana, quella che aveva denunciato tra i primi un gesuita italiano, padre Paolo Dall’Oglio: lo sterminio sembrerebbe funzionale a una trasformazione demografica della Siria tesa a eliminare grandissima parte della comunità più numerosa e sgradita».
E ancora, scrive Riccardo Cristiano: «Basti ricordare che proprio l’area dell’ultima battaglia di Assad, la Ghouta, dove vivono 400mila persone tra le quali si sono infiltrati miliziani di Jaysh al Islam, vivono sotto assedio dal 2013, con tantissimi bambini e anziani affetti da gravissima denutrizione».