«In questi 15 anni l’Europa ha visibilmente cercato di erigere muri, affinché le persone non avessero accesso ai diritti, i quali invece sono stati riservati solo ad una élite, come se si trattasse di un club. Quando capiremo che il diritto dei più deboli non è un diritto debole?».
A chiederselo è don Mussie Zerai, sacerdote eritreo e attivista, da sempre impegnato nella denuncia delle violazioni dei diritti umani e nel salvataggio delle persone in mare.
Don Zerai ha partecipato ieri alla presentazione del libro di Annalisa Camilli, ‘La legge del mare’ allo Cser di Roma, il Centro Studi Emigrazione degli Scalabriniani.
«L’Unione Europea da 13 giorni – ha denunciato Zerai – non riesce a trovare una risposta per le 42 persone della Sea Watch. È prevalso il cinismo. La ‘colpa’ delle Ong criminalizzate è quella di aver colmato i vuoi lasciati dalla politica».
Il sacerdote ha poi parlato di «bullismo del linguaggio unito al cinismo della politica che sacrifica la parte del più debole».
Durante il dibattito Annalisa Camilli ha spiegato che una rappresentazione mediatica del fenomeno migratorio fatta prevalentemente di numeri e di cifre è insufficiente a descriverlo e spesso è anche fuorviante.
Raccontare invece la storia delle persone, descriverne i volti e dare un nome ai naufraghi del Mediterraneo – come nel caso di Josefa, la donna del Camerun, sopravvissuta ad un naufragio a luglio scorso, e salvata dalla ong Open Arms – consente di restituire loro un’umanità perduta.
«Le chiedono come si chiama, da dove viene. – scriveva Camilli su Internazionale – “Josefa”, risponde con un filo di voce. Viene dal Camerun, ha quarant’anni. Ha la bocca e la lingua spugnose, segnate da piccoli solchi scavati dall’acqua salata in cui è stata immersa per molte ore».
Josefa è stata al centro di una polemica iniziata con la fake news sullo smalto alle unghie, storia che è stata raccontata nei dettagli da Annalisa Camilli, spiegando come i volontari durante la traversata avevano cercato di allietare quelle ore infinite, mettendo lo smalto a Josefa, già traumatizzata per il naufragio e per le ore passate in acqua.
La de-umanizzazione delle persone di origine straniera si è accompagnata alla «criminalizzazione delle vittime e di chi le ha aiutate», ha denunciato Camilli.
Di fronte all’impoverimento delle scelte politiche, al populismo e alla manipolazione dell’opinione pubblica, ha aggiunto la giornalista di internazionale, «c’è stata pochissima contrapposizione se non quella delle Chiese, che per visione teologica e principi etici si sono contrapposte all’estrema destra».
Nè le democrazie liberali nè la sinistra, argomenta la Camilli, hanno saputo o voluto rappresentare una valida alternativa.
«Se esiste un modo per tornare indietro è forse quello di assumere una prospettiva storica: – ha suggerito – Ossia, ricordare che ciò che viviamo adesso lo abbiamo già vissuto in passato».