Lucas, Yassa, Sara e gli altri (una trentina di ragazzi in tutto, sia maschi che femmine) della comunità “Una casa anche per te” di Zinasco, sono i ragazzi di don Massimo Mapelli.
In circa venti anni sono passate per questa accoglienza che sa di famiglia oltre mille persone.
«Io ho avuto una grazia grande: quella di condividere la casa in questi anni con 1700 persone di 92 nazionalità diverse e questo ha allargato il mio cuore e la mia testa», confida don Massimo.
Il progetto di accoglienza rivolto a rifugiati e minori non accompagnati, si integra alla perfezione con una serie di altre attività ‘vulcaniche’, in cui Caritas ambrosiana è in prima fila.
Che vanno dalla gestione dei beni confiscati alla mafia, come la Libera Masseria di Cisliano, alla coltivazione di terreni e orti, compresi quelli della Cascina Sant’Alberto a Rozzano.
In questo contesto di nuova “missione cittadina”, periferia sud ovest di Milano (tra Cesano Boscone, Corsico, Rozzano, Buccinasco) c’è un bene confiscato alla mafia ogni mille abitanti.
Ma qui l’associazionismo cattolico e Caritas non fanno la ‘carità’, «elaborano un percorso comune che mette l’essere umano al centro».
E creano un’economia circolare differente. Soprattutto ora che le nuove povertà avanzano.
«A partire dalla dimensione dell’accoglienza, con la rete Caritas della periferia Sud di Milano abbiamo provato a costruire reti virtuose e a reinventare un modo di vivere differente», dice il sacerdote.
Don Massimo Mapelli in effetti è uno dei sacerdoti diocesani più attivi e conosciuti in tutta la provincia lombarda.
La capacità di creare letteralmente dal nulla progetti generativi che cambiano il mondo, è una delle sue qualità. Tutto ha inizio quando nel 1997, da giovane parroco di Paderno Dugnano, don Massimo si dedicò al doposcuola per i bambini rom.
E da lì non si è più fermato…
Oggi, ad essere davvero speciale è il rapporto tra don Mapelli e i ragazzi della Comunità di accoglienza per minori (e non) di “Una Casa anche per te“.
Lo si vede da come Yassa, 19 anni, egiziano, da sei anni in Italia, parla della sua “nuova famiglia”.
Partito da Alessandria d’Egitto da solo col barcone, Yassa lungo il viaggio ha visto morire tanta gente e ha resistito. È sbarcato in Sicilia e poi da lì è arrivato a Milano, dove per qualche tempo è rimasto da uno zio e infine è stato accolto da don Massimo.
«Mia mamma non voleva che io partissi dall’Egitto – racconta – L’ho fatto senza il suo permesso. Quando ho chiamato casa una volta sbarcato, ho sentito mio padre piangere per la prima volta nella vita».
Yassa vorrebbe tornare a salutare i genitori ma ormai a Zinasco nella grande cascina che lo ospita, ha «molti amici, giochiamo e stiamo tutti insieme», dice. Ha anche la fidanzata, e da poco tempo un vero lavoro.
Don Massimo racconta altre storie: «La mamma di due dei miei ragazzi è a Rebibbia, il papà ha avuto un ictus ed è in rianimazione. Adesso i due fratelli nigeriani sono da me in comunità: sono residenti a Milano e nati qui. Il comune di Milano me li ha affidati».
«In ciascuna di queste realtà ho sempre voluto che ci fosse una famiglia, ossia io ed altre persone che hanno scelto di stare in comunità insieme ai ragazzi», spiega don Massimo.
La storia continua: nel prossimo numero di Popoli e Missione raccontiamo la missione cittadina di don Massimo Mapelli, di Caritas ambrosiana e delle molte realtà associative che ruotano attorno ai progetti dei beni confiscati alla mafia.